Nel panorama della prevenzione dei rischi professionali, gli agenti fisici occupano un posto centrale. Spesso si tende a parlare soprattutto di sostanze chimiche e agenti biologici. Eppure, una parte importante delle patologie professionali e degli infortuni deriva proprio dall’esposizione continuativa a fenomeni fisici come il rumore, le vibrazioni, le radiazioni o le condizioni microclimatiche.
Si tratta di elementi di natura fisica presenti negli ambienti di lavoro. Se superano determinati livelli di esposizione, possono compromettere la salute dei lavoratori o ridurre il benessere lavorativo. A differenza delle sostanze nocive che agiscono a livello chimico, questi fattori operano attraverso l’energia: meccanica, termica, acustica o elettromagnetica. Il loro impatto non è sempre immediato. Spesso agiscono nel tempo, provocando danni cumulativi o cronici.
Conoscerli e saperli valutare è essenziale per ogni datore di lavoro. Ancora di più in quei settori dove l’esposizione è quotidiana e costante. Intervenire prima che si sviluppi una malattia significa garantire non solo la salute, ma anche la dignità di chi lavora.
Gli ambienti di lavoro sono pieni di agenti fisici che possono diventare pericolosi se non gestiti correttamente. Il rumore, ad esempio, è uno dei rischi più diffusi. Lo si trova nelle officine, nei cantieri, negli impianti di produzione, persino in ambienti sanitari. L’esposizione a livelli sonori elevati può danneggiare l’udito in modo irreversibile. Ma può anche influenzare la concentrazione, il ritmo cardiaco, la qualità del sonno.
Le vibrazioni sono un altro fattore rilevante. Possono colpire le mani e le braccia, come nel caso dell’uso prolungato di trapani o martelli pneumatici. Oppure interessare tutto il corpo, quando si guida un mezzo pesante o si lavora su superfici instabili. Con il tempo possono portare a patologie muscolari, articolari o neurologiche.
Un altro fronte di rischio riguarda le radiazioni. Quelle non ionizzanti provengono da dispositivi elettrici, antenne, saldatrici o apparecchiature mediche. Quelle ottiche artificiali sono emesse da laser, lampade industriali o forni ad alta intensità. Le ionizzanti, invece, sono tipiche di ambiti sanitari, di ricerca o energetici, e richiedono regole molto specifiche. Anche il microclima può diventare un agente fisico dannoso. Temperature troppo alte o troppo basse, scarsa ventilazione, umidità eccessiva mettono a dura prova il corpo umano, soprattutto se il lavoro è fisicamente impegnativo.
Ci sono poi rischi meno conosciuti, ma comunque importanti. Le variazioni di pressione, come quelle che si affrontano nei lavori subacquei o in camere iperbariche. Gli ultrasuoni e gli infrasuoni, presenti in alcuni impianti industriali avanzati. Tutti questi fattori, se non controllati, possono provocare danni anche gravi alla salute.
La legge impone a ogni datore di lavoro di effettuare una valutazione accurata dei rischi legati agli agenti fisici. Si tratta di un obbligo previsto dal Decreto Legislativo 81 del 2008, che richiede non solo un’analisi teorica, ma una vera e propria misurazione.
Ogni tipo di agente fisico richiede strumenti e tecniche specifiche. Per il rumore si utilizzano fonometri. Per le vibrazioni, accelerometri. Per le radiazioni, radiometri. Il microclima si misura con termometri, igrometri e anemometri. La valutazione non può essere generica. Deve indicare le fonti di esposizione, i tempi, le mansioni coinvolte. E deve confrontare i dati rilevati con i valori limite stabiliti dalla normativa tecnica.
Se le condizioni di lavoro cambiano, anche la valutazione va aggiornata. Nuove macchine, nuovi turni o una diversa distribuzione degli spazi possono modificare radicalmente i livelli di esposizione. La valutazione non si conclude con la misurazione. Deve tradursi in misure di prevenzione, protezione e sorveglianza sanitaria. Solo così diventa uno strumento di tutela reale.
Tutta la disciplina relativa agli agenti fisici si trova nel Titolo VIII del Decreto Legislativo 81/2008. È una parte della legge molto articolata, che affronta separatamente ogni tipologia di esposizione.
Le disposizioni generali spiegano cosa si intende per agente fisico e quali sono i doveri del datore di lavoro. Poi, i capitoli successivi trattano i rischi uno per uno. Il rumore, ad esempio, viene regolato con precisione. Vengono fissati limiti di esposizione giornaliera e settimanale. Viene imposta l’adozione di dispositivi di protezione e l’attivazione della sorveglianza sanitaria.
Le vibrazioni vengono trattate in modo analogo. Il testo distingue tra vibrazioni che colpiscono gli arti e quelle che interessano il corpo intero. Anche in questo caso, i limiti sono precisi e si basano su modelli internazionali.
Le regole sui campi elettromagnetici si concentrano sulla differenziazione tra frequenze e sugli effetti potenziali per la salute. Le radiazioni ottiche, invece, impongono una valutazione puntuale delle sorgenti e l’uso di protezioni visive.
Il capitolo che riguarda il microclima è meno dettagliato, ma permette di ricondurre a tutela anche altri fattori fisici. Ogni sezione della legge prevede obblighi specifici. Non solo in termini tecnici, ma anche documentali e formativi. Il lavoratore deve essere informato, addestrato e tutelato con strumenti adeguati al tipo di rischio.
Quando l’esposizione non viene gestita in modo corretto, possono insorgere malattie professionali anche gravi. Alcune di queste sono ampiamente riconosciute dall’INAIL e inserite nella Lista I, che raccoglie le patologie con un nesso causale comprovato con il lavoro.
Il rumore può causare ipoacusia, una perdita progressiva dell’udito spesso irreversibile. Le vibrazioni sono associate a sindromi vascolari, neurologiche e articolari. Possono provocare la cosiddetta sindrome mano-braccio o l’artrosi del rachide nei conducenti di mezzi pesanti. Le condizioni microclimatiche, quando estreme, possono contribuire a patologie muscoloscheletriche, disturbi circolatori o complicanze respiratorie.
Le radiazioni ottiche e ionizzanti possono danneggiare gli occhi e la pelle. La cataratta da esposizione è un rischio reale per alcune categorie professionali. Le radiazioni ionizzanti, più pericolose, sono collegate anche a forme tumorali, come leucemie e carcinomi cutanei.
Nel caso dei campi elettromagnetici, il dibattito scientifico è ancora aperto. Alcuni studi segnalano effetti a lungo termine, ma al momento non ci sono evidenze sufficienti per inserire patologie specifiche nella Lista I. Tuttavia, il monitoraggio continua e la cautela è d’obbligo.
Il riconoscimento della malattia professionale causata da agenti fisici consente l’accesso alle prestazioni INAIL. Per le vittime sono rpevisti indennizzi o rendite, cure mediche e in alcuni casi assegni di reinserimento o rendite permanenti. Quando la patologia è inclusa nella Lista I, la legge presume automaticamente che sia di origine lavorativa. Il lavoratore deve solo dimostrare di aver svolto un’attività a rischio.
Questo meccanismo di presunzione non si applica però ai dipendenti pubblici non assicurati con l’INAIL, come le Forze dell’Ordine o il personale militare. Questi devono ricorrere alla causa di servizio e per farlo dimostrare il nesso causale tra malattia e lavorazione. Questo crea una disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati, contro la quale l'Avvocato Ezio Bonanni si è battuto e continua a battersi.
In alcuni casi si ha diritto al riconoscimento di vittima del dovere.
Per garantire un’efficace gestione del rischio, la misurazione accurata dell’esposizione è solo il primo passo. Ogni agente fisico richiede strumenti di rilevazione specifici e personale qualificato in grado di interpretarli correttamente. I fonometri devono essere tarati periodicamente. Gli accelerometri devono essere installati secondo protocolli rigorosi. Anche gli strumenti per misurare temperatura, umidità, radiazione o pressione richiedono competenza tecnica e aggiornamento continuo.
Ma nessun dato ha valore se non viene accompagnato da formazione. La legge impone che i lavoratori siano formati non solo sulle norme generali di sicurezza, ma anche sui rischi specifici a cui sono esposti. Ogni corso deve essere mirato, tarato sulla mansione e sugli agenti fisici, sul tipo di esposizione e sulle misure di protezione disponibili. Per questo la formazione deve essere ripetuta nel tempo, aggiornata al mutare delle condizioni operative e documentata in modo preciso.