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Guerra in Iraq: militari e tutela legale

L'Iraq è stato percorso recentemente da due guerre conosciute come Prima Guerra del Golfo e Seconda Guerra del Golfo. La guerra in Iraq ebbe enormi costi umani nella popolazione civile e in quella militare. Lasciò inoltre i territori colpiti completamente devastati dal punto di vista ambientale, specialmente in seguito all'esplosione da parte di Saddam Hussein di quasi 800 pozzi petroliferi. A questo si aggiunge l'inquinamento dovuto ai bombardamenti e alla distruzione di veicoli militari e degli edifici contenenti sostanze tossiche come l'amianto.

I militari coinvolti nelle operazioni in Iraq e in Kuwait riportarono un insieme di patologie gravissime che sono conosciute sotto il nome di Sindrome della Guerra del Golfo. Tra queste una vasta gamma di sintomi acuti e cronici tra cui affaticamento, dolore muscolare, problemi cognitivi, insonnia, eruzioni cutanee e diarrea. Ma anche malattie come il cancro, la sensibilità chimica multipla e altre malattie ad esito infausto. Ad esse non furono immuni i militari italiani impegnati nelle missioni in Iraq sia nella prima che nella seconda guerra del Golfo. L'insorgere di queste malattie, come vedremo meglio in seguito, è legato all'utilizzo di armamenti all'uranio impoverito e all'esposizione alle nanoparticelle di metalli pesanti che sprigionano nelle denotazioni. A queste si uniscono altri elementi che hanno complicato ulteriormente il quadro clinico dei militari coinvolti, tra cui errate vaccinazioni.

In questa pagina approfondiamo i temi legati alla tutela legale dei militari in missione nella guerra in Iraq che hanno riportato malattie correlate all'esposizione a patogeni. Scopriamo quali sono i diritti delle vittime, spesso negati dalle amministrazioni e come ottenere la tutela legale. L'Avvocato Ezio Bonanni ha seguito personalmente numerosi contenziosi per l'ottenimento da parte dei militari italiani della causa di servizio e dello status di vittima del dovere e per il risarcimento dei danni subiti, alle vittime, ma anche ai loro famigliari.

Oltre che della guerra in Iraq l'Avvocato Ezio Bonanni ha difeso con successo i militari che hanno riportato gravi malattie in seguito alla guerra in Kosovo (ricordiamo il caso Di Vico e il caso del Colonnello Calcagni intervenuto al convegno presso il campidoglio ONA Guerra e pace: vittime del dovere”) e in Libano.

Guerra in Iraq: riassunto dei fatti salienti

Dall'agosto 1990 al febbraio 1991 si è combattuta la Prima Guerra del Golfo. A marzo 2003 è iniziata la Seconda Guerra del Golfo con l'invasione dell'Iraq da parte di una coalizione guidata dagli Stati Uniti con lo scopo di deporre Saddam Hussein. In particolare, le ragioni di questa seconda guerra, terminta nel 2011, appaiono alquanto dibattute. L'intervento occidentale era infatti giustificato dal timore di una presenza preoccupanti di armi di struzione di massa in territorio iracheno e dalla vicinanza di Saddam Hussein ad Al-Queida, entrambe rimaste senza dimostrazione.

Qui di seguito vediamo brevemente i fatti salienti della Prima Guerra dle Golfo e della Seconda Guerra del Golfo.

Guerra in Iraq: tutto sulla prima guerra del Golfo

Nel 1990, 35 stati sotto l'egida dell'ONU e guidati dagli Stati Uniti si opposero all'invasione iraquena del Kuwait. Dopo l'annessione del piccolo stato del Kuwait da parte di Saddam Hussein, l'ONU lanciò un ultimatum imponendo il ritiro delle truppe irachene. Non avendo ottenuto risultati, le truppe statunitensi penetrarono in Iraq, supportate dai contingenti della coalizione.

L'Italia partecipò al conflitto, schierando nel golfo Persico sin dall'inizio una forza navale nell'Operazione Golfo 2, all'Operazione Desert Storm, Desert Shield e Operazione Provide Comfort.

Il numero di feriti della coalizione fu di 776 in combattimento, tra cui 467 statunitensi. Tuttavia, nell'anno 2000 più di un quarto delle truppe che vennero inviate nel Golfo, fu dichiarata affetta da invalidità permanenti dal Deparment of Veterans Affairs. Circa il 30% delle 700 000 persone che servirono nelle forze statunitensi durante la guerra soffrono attualmente di gravi sintomi le cui cause sono da attribuire all'utilizzo di uranio impoverito e altri elementi tossici utilizzati dalle forze della Coalizione.

Guerra in Iraq: tutto sulla Seconda Guerra del Golfo

La Seconda Guerra del Golfo (2003 - 2011) è terminata con il passaggio definitivo di tutti i poteri alle autorità irachene insediate dall'esercito americano su delega governativa statunitense.

L'obiettivo principale dell'invasione era la deposizione di Saddam Hussein, già da tempo visto con ostilità dagli Stati Uniti per vari motivi: timori falsi su un suo ipotetico tentativo di dotarsi di armi di distruzione di massa, il suo presunto appoggio al terrorismo islamista, il volersi appropriare delle ricchezze petrolifere del Kuwait e l'oppressione dei cittadini iracheni sotto dittatura.

Saddam Hussein fu destituito già nel 2003 e i suoi figli uccisi. La guerra proeseguì invece in un contesto estremamente precario che ha visto in particolare la contrapposizione tra i sunniti e gli sciiti.

L'uso dell'Uranio Impoverito in Iraq

L’UNIDIR (United Nations Institute for Disarmament Research), con sede a Ginevra, nel suo report “Disarmament Forum – Uranium Weapons” del 2008 riportava le seguenti quantità di Uranio Impoverito utilizzato in munizionamento dagli Stati Uniti:

  • Prima Guerra del Golfo (1991-1992): 286 tonnellate
  • Seconda Guerra del Golfo (2003): 75 tonnellate

Alle quantità sopra riportate devono essere aggiunte quelle utilizzate dalle forze armate del
Regno Unito (UK), sparate soprattutto dai carri armati britannici “Challenger II”.

Dai documenti pubblicati in conformità con il “Freedom of Information Act”, William ARKIN ha
stimato che alla fine della Prima Guerra del Golfo sui campi di battaglia restavano approssimativamente 300 tonnellate di Uranio Impoverito, mentre secondo le stime della LAKA FOUNDATION la quantità di UI dispersa nella regione del Golfo è di 800 tonnellate.

La zona Sud-Est dove operava il contingente italiane risulta una delle più bomborgìdate con proiettili contenenti uranio impoverito.

Uranio impoverito: cos’è e come è usato?

Che cos'è l'uranio impoverito? L’Uranio Impoverito (UI) è un sottoprodotto del processo di arricchimento dell’Uranio, in cui l’Uranio-235 (U235) viene impoverito di due terzi del suo contenuto originario di Uranio naturale. L’alta densità dell’Uranio Impoverito (19 g/cm3) lo rende un materiale superiore per la penetrazione delle corazzature.

Le proprietà chimiche e metalliche dell’UI sono del tutto analoghe a quelle dell’Uranio naturale e implicano rischi simili per quanto riguarda la tossicità chimica e radiologica. La Commissione di Regolamentazione del Nucleare degli Stati uniti lo classifica infatti come materiale utilizzabile solo dietro autorizzazioni generali specifiche.

L’autorizzazione generale consente l’uso e il trasporto di UI in quantità di 15 libbre (6,8 kg) per volta fino ad un massimo di 150 libbre all’anno (68 kg). Per le autorizzazioni specifiche è necessario presentare una documentazione scritta dell’uso previsto per il metallo e specifici riferimenti all’equipaggiamento, all’osservanza delle norme sanitarie e di sicurezza e alla preparazione del personale.

Approfondisci su “Alcune Tesi e Fatti sull’Uranio Impoverito (DU), sul suo Uso nei Balcani, sulle Conseguenze sulla Salute di Militari e Popolazione” del COMITATO SCIENZIATE e SCIENZIATI contro la Guerra.

Armi all'uranio impoverito: i danni alla salute

Quando un proiettile di uranio impoverito colpisce un bunker o un carro armato, alla sua esplosione ad alta temperatura rilascia nell’ambiente nanoparticelle di metalli pesanti. Tra questi compare il piombo che lo IARC nel volume 77 del 2006 inserisce tra i possibili cancerogeni per l’uomo, di comprovata tossicità e in grado di causare gravi danni biologici, indipendentemente dalla capacità cancerogena.

Se l’uranio impoverito viene inalato, il metallo radioattivo si deposita nei polmoni e in altri organi, causando diversi tipi di cancro.

Gli effetti sulla salute dell’Uranio Impoverito possono essere approfonditi su “Depleted Uranium. Sources, exposures and health effects” , documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Tra le patologie che hanno maggiormente colpito gli esposti ci sono:

  • danni renali;
  • cancro ai polmoni;
  • tumore alle ossa;
  • carcinoma all’esofago;
  • problemi alla pelle;
  • disturbi neurocognitivi;
  • anomalie cromosomiche;
  • sindromi da immunodeficienza;
  • rare malattie renali e intestinali;
  • malformazioni genetiche ai nascituri;
  • linfomi di Hodgkin e leucemie.

Leggi tutto sulle: stragi dei militari per uranio impoverito

I danni alla salute nel dettaglio nella guerra in Iraq

Nei casi di contaminazione interna, i composti solubili (uranili, UVI), provocano danni chimici a livello dei tubuli convoluti prossimali dei reni dando luogo a ematuria, albuminuria, formazione di masse ialine e granulari all’interno delle cavità, azotemia e necrosi tubulare.

I composti meno solubili (uranosi, UIV), vengono trattenuti in via primaria all’interno dei polmoni se inalati, oppure si accumulano nell’osso durante la fase di mineralizzazione. Essi inoltre inibiscono il metabolismo dei carboidrati nel complesso dell’ATP-uranil-esochinasi e, di conseguenza, nel blocco del trasferimento di fosfati al glucosio e nell’inibizione della prima fase dell’utilizzo metabolico dello zucchero.

L’elevata organo-specificità degli isotopi dell’Uranio, combinata con una lunga emivita e con la radiazione corpuscolare, determina danni chimici e radiologici agli organi bersaglio, all’albero bronchioalveolare, ai reni e alle ossa, dando luogo ad alterazioni somatiche e genetiche e dunque cancro.

Mentre le radiazioni alfa degli isotopi dell’Uranio contenuti nell’UI non rappresentano un rischio esterno significativo, le radiazioni beta da 2,29 MeV (234 Pa) hanno un raggio d’azione di 0,5 cm in alluminio e di diversi centimetri nel tessuto umano e producono pertanto un’esposizione ai raggi beta di 217 20,4 mR/h. Questo è confermato dalla Monografia 100 D dello IARC dedicata alle radiazioni. I raggi gamma sono il principale tipo di radiazione in una cartuccia all’UI.

La contaminazione dell’organismo da UI costituisce un rischio di ordine sia chimico che fisico se l’Uranio accede all’interno dell’organismo per via cutanea, orale o polmonare oppure attraverso ferite o ustioni. L’Ossido di Uranio trattenuto nei polmoni può causare lesioni neoplastiche quali il carcinoma epidermoide.

Le esposizioni dannose nelle missioni in Iraq

Oltre all'amianto che lo IRAC inserisce nella “Categoria 1: Cancerogeno per l’Uomo” in
tutte le sue forme (cfr. IARC, Volume 100 C del 2012: “Arsenic, Metals, Fibres, and Dusts”) i militari in missione nelel guerre in Iraq sono stati generalmente esposti a:

Il caso di Cesini Alfredo elicotterista in Iraq

Il Primo Maresciallo dell’Esercito Italiano Cesini Alfredo, inviato in missione in Iraq e coinvolto da importanti e reiterati eventi bellici, e da imponente inquinamento di tutte le matrici ambientali è stato esposto a pericolosi patogeni. Questo, unito a stress lavoro-correlati e da combattimento, a non
corretta e sana alimentazione, ad assoggettamenti vaccinazioni multipli, ha comportato
l’insorgenza di una malattia devastante, che lo ha condotto a importante invalidità.

Il pilotare velivoli ad ala rotante in dotazione, mono e soprattutto bielica rotante, comportò lo spostamento, il sollevamento e la ricaduta di enormi masse di aria e di polveri e particolari. Tali masse d’aria e particolati, soprattutto nei teatri bellici già oggetto di azioni belliche e di bombardamenti con munizionamento convenzionale e soprattutto ad Uranio Impoverito, causò centinaia di ore di
esposizione a particolati di varie dimensioni e a nanopolveri.

Questi particolati di varie dimensioni e nanopolveri furono contaminate di decine di metalli, moltissimi particolarmente pericolosi, tossici e cancerogeni per l’uomo. A questo si aggiungevo radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, fibre di vario tipo comprese quelle di amianto.

Chi e quali sono le vittime del dovere?

Le vittime del dovere sono coloro che hanno svolto un servizio in particolari attività, indicate nell’art. 1, co. 563, L. 266/2005. Successivamente, queste tutele sono state ampliate, per coloro che hanno svolto missioni e attività in particolari condizioni, ambientali ed operative.

In caso di infermità e/o di decesso, sussiste il diritto al riconoscimento di questo status. In tutti i casi in cui ciò è avvenuto:

  • nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
  • nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
  • nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
  • in operazioni di soccorso;
  • in attività di tutela della pubblica incolumità;
  • a causa di azioni in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

Nei casi in cui tali lesioni siano sopraggiunte durante il compimento del proprio servizio in condizioni di rischio che esulano dall’ordinarietà, si ha diritto anche alla totale equiparazione vittime del dovere. Si fa riferimento alle particolari condizioni ambientali e operative eccedenti l’ordinarietà (art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006), tra le quali l’esposizione ad asbesto, a nanoparticelle per proiettili all’uranio impoverito, a radiazioni ionizzanti:

per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.

Benefici per le vittime del dovere: quali sono?

Per vittime del dovere i benefici previsti dalla legge sono:

  • una speciale elargizione da € 200.000, oltre rivalutazione monetaria in ipotesi di inidoneità al servizio o di invalidità non inferiore all’80% (negli altri casi, € 2.000 per punto percentuale, oltre rivalutazione monetaria);
  • assegno vitalizio mensile di € 500, a condizione che abbiano una lesione invalidante pari al 25%;
  • speciale assegno vitalizio di € 1.033,00 mensili, a condizione che abbiano una lesione invalidante pari al 25%;
  • due annualità di pensione per gli aventi diritto alla reversibilità;
  • esenzione Irpef sulle pensioni;
  • assunzione per chiamata diretta con precedenza assoluta rispetto a ogni altra categoria (diritto esteso ai figli o al coniuge in caso di decesso o di invalidità che non consenta la prosecuzione dell’attività lavorativa);
  • esenzione dal pagamento del ticket sanitario;
  • accesso alle Borse di studio;
  • assistenza psicologica.

Lo status di vittima del dovere è imprescrittibile, ai sensi dell’art. 2934 c.c., in relazione agli artt. 2 e 38 Cost. Questo principio è molto importante, perchè permette di ottenere la tutela anche nel caso in cui fossero trascorsi più di 10 anni rispetto all’evento lesivo.

Totale equiparazione a vittime del dovere: come funziona?

L’equiparazione vittime del dovere alle vittime del terrorismo è ormai un dato acquisito (SS.UU 22753 del 2018). Tuttavia, questa totale equiparazione alle vittime del terrorismo è solo per quanto riguarda le prestazioni nei confronti della vittima, e non include gli orfani che non sono nel carico fiscale.

Negli anni, grazie all’impegno dell’Avv. Ezio Bonanni, erano stati raggiunti significativi risultati anche per la tutela degli orfani di vittima del dovere non nel carico fiscale. Ricordiamo importanti pronunce, tra cui quella della Corte di Appello di Genova – sez. Lavoro n. 575/2019, che aveva accolto la domanda di orfana non a carico. Così con riforma della sentenza di primo grado.

Tuttavia, in seguito a Cass. Civile Ord. Sez. 6 Num. 15224 del 2021, la questione rimaneva da affrontare, dopo le SS.UU. 22753 del 2018.

Quali sono le tutele per i superstiti delle vittime del dovere

In seguito al decesso, tutte le prestazioni maturate dalla vittima vengono erogate ai suoi eredi legittimi, comprese le prestazioni previdenziali e risarcitorie. Ne rimangono esclusi come superstiti delle vittime del dovere, come già detto, gli orfani non a carico fiscale.

Si applicherebbe, secondo l’Avvocatura dello Stato infatti, l’art. 6, comma 1, n. 1 della L. 466/1980, che identifica tra i superstiti solo i figli nel carico fiscale e il coniuge.

Questa discriminazione è inaccettabile. Questa vicenda è stata rimarcata nei suoi aspetti paradossali, dallo stesso Avv. Ezio Bonanni sentito dalla I Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica (29.10.2019).

Purtroppo, la Corte di Cassazione, ha accolto le richieste dell’Avvocatura dello Stato, ritenendo applicabile questa normativa. Così Cass. Sez. Lav., 11181 del 2022. Però, con delle eccezioni.

In attesa del Legislatore, la Corte tutela gli orfani non a carico in assenza del coniuge oppure se questi non è titolare di pensione. Infatti, secondo la stessa Cassazione, Sez. Lav. 11181/2022, sono fatti salvi i diritti degli orfani non a carico fiscale solo in questo caso.

I beneficiari dell’equiparazione a vittime del dovere: chi sono?

La Legge 466/1980 indica che sono equiparati a vittime del dovere: magistrati ordinari, militari dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo di finanza, appartenenti alle guardie di pubblica sicurezza e del Corpo degli agenti di custodia, il personale del Corpo forestale dello Stato e del Corpo di polizia femminile. A vittime del dovere equiparazione si aggiungono il personale civile dell’Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, vigili del Fuoco, appartenenti alle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso.

La legge è arrivata a includere come equiparati vittime del dovere anche ad altri tipi di vittime. In particolare, questo diritto è riconosciuto a tutti coloro che nell’adempimento di un dovere hanno subito delle infermità, dunque un danno biologico (SS. UU. 22753/2018). Sono quindi compresi i dipendenti pubblici e coloro che non sono dipendenti pubblici, ma hanno svolto un servizio per la PA in esposizione ad amianto o ad altri cancerogeni (Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con Sent. n. 22753/2018).

Quantificazione del danno non patrimoniale (SS.UU. 6215/2022)

Le prestazioni sia previdenziali che risarcitorie si misurano sul grado di invalidità. Sia lo speciale assegno vitalizio che l’assegno vitalizio mensile sono erogati solo a coloro riconosciuti con un grado di invalidità non inferiore al 25%. Il criterio per la quantificazione è quello del dPR 181 del 2009 e non l’art. 5 d.P.R. n. 243/2006, con gli artt. 5 e 6 I. n. 206/2004.

Si tratta di una tutela importante, perché il Legislatore ha sancito che l’invalidità rilevante deve comprendere anche il danno morale subito. Ciò comporta una rivalutazione retroattiva delle prestazioni su istanza dell’interessato. La Cass. Sez. Lav. 19623/2022 ha affermato la risarcibilità del danno morale anche in caso di insussistenza di malattia. Si tratta infatti di un danno morale che riguarda anche i familiari di coloro che sono stati esposti.

Vittime del dovere e risarcimento integrale dei danni

La vittima del dovere e i loro eredi leggittimi hanno diritto al totale risarcimento dei danni. Perciò vanno ristorati i danni patrimoniali (danno emergente e lucro cessante) e danni non patrimoniali subiti (morali, biologici, esistenziali).

I familiari eredi legittimi hanno diritto anche al risarcimento dei danni subiti iure proprio. Il risarcimento del danno parentale spetta anche a coloro che possono dimostrare un rapporto di affetto con la vittima, la cui morte comporta uno stravolgimento sostanziale della propria esistenza e radicali e fondamentali cambiamenti di vita dovuti alla perdita.

Vi sono differenti strade con cui si può conseguire l’ottenimento di un risarcimento danni, come:

  • costituirsi parte civile nel processo penale e chiedere la condanna del Ministero, sia esso della Difesa, dell’Interno, o dell’Economica e delle Finanze, in solido con gli imputati, al risarcimento dei danni da reato (lesioni colpose in caso di patologia oppure omicidio colposo in caso di decesso);
  • esercitare l’azione civile presso il TAR, facendo valere la responsabilità contrattuale per violazione dell’obbligo di sicurezza;
  • esercitare l’azione civile con azione presso il Tribunale di Roma, chiedendo la condanna del Ministero responsabile, per i profili di responsabilità extracontrattuale e civile da reato.

Causa di servizio nelle missioni in Iraq: riconoscimento

I militari impiegati nelle missioni in Iraq che hanno riportato malattia devono ottenere lo status di vittime del dovere. Per ottenere questo status è necessario in primis ottenere il riconoscimento della causa di servizio, attraverso il nesso tra la malattia e la missione svolta. Questo “suffragato dai referti medici che attestano la presenza metalli pesanti, in forma di micro e nano particelle, ed elementi chimici in quantità a volte esorbitanti e quindi non altrimenti spiegabili se non attraverso l’esposizione a sostanze inquinanti presumibilmente presenti nell’ambiente di lavoro» (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

“In caso di infermità contratte da militari a causa dell’esposizione a polveri sottili derivanti dall’uranio impoverito, il verificarsi dell’evento costituisce un dato ex se sufficiente a ingenerare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al risarcimento a meno che la Pubblica amministrazione non riesca a dimostrare che essa non aveva determinato l’insorgenza della patologia la quale dipenda, invece, da fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l’insorgere dell’infermità.” (T.A.R. Torino, (Piemonte), sez. I, 06/03/2015, n. 429).

Ai sensi dell’art. 6 del DPR 243/2006, sovrapponibile a quella di cui all’art. 7 del DPR 461/2001, per la causa di servizio si ha la rilevanza di qualsiasi causa che abbia anche solo contribuito ad anticipare l’insorgenza, ovvero aggravare le infermità, ovvero anticipare la data della morte, come causa efficiente e determinante anche a titolo concausale, ex art. 64, 1° e 2° co., del DPR 1092/1973, rispetto alle regole della responsabilità civile, che non trovano applicazione nell’ambito dell’accertamento della causa di servizio in particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà, ai sensi dell’art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006.

Missioni in Iraq: riconoscimento delle vittime del dovere

L’art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006 recita: «Laddove, invece, l’istanza tenda alla percezione della speciale elargizione, si verte in un ben diverso ambito indennitarioI presupposti del risarcimento del danno e della speciale elargizione sono del tutto diversi: nel primo caso l’integrazione di tutti gli elementi propri di un’ipotesi di responsabilità civile, tra cui pure la prova del nesso eziologico e dell’elemento soggettivo in capo al danneggiante.

Nel secondo caso la mera dimostrazione di aver affrontato – senza che ciò integri “colpa” dell’Amministrazione – “particolari condizioni ambientali od operative”, connotate da un carattere “straordinario” rispetto alle forme di ordinaria prestazione del servizio, che siano la verosimile causa di un’infermità. Inoltre, il risarcimento del danno compete a chiunque e dipende nel quantum dall’effettivo danno riportato, mentre la speciale elargizione spetta solo ai soggetti individuati dalla legge ed è quantificata a monte in misura predeterminata» (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

Vediamo di seguito perché per i militari in missione che hanno riportato una malattia correlata all’esposizione all’uranio impoverito e a nano particelle di metalli pesanti deve vigere la totale equiparazione a vittime del dovere. Ovvero la conferma del nesso causale e/o della causa di servizio in particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà, ai sensi dell’art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006.

L’art. 1 del d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 definisce le missioni come attività di qualunque natura, anche ordinarie funzioni e mansioni, “quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’Autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente”.

La stessa sentenza già citata afferma che: “per particolari condizioni ambientali od operative“, si intendono “le condizioni comunque implicanti l’esistenza o anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi e fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto”.

Sulla base di SS.UU. 15055/2017, le “particolari condizioni ambientali e operative” sono legate anche a “grave errore organizzativo“, che è individuabile nella “imprudente organizzazione del servizio da parte dell’organizzazione“, che ha aggravato il rischio (così Tribunale di Palermo, sezione lavoro, sentenza n. 2420/2020, pubblicata il 03.09.2020, a definizione del proc. n. 7696/2015 RG). Quindi per missione in condizione di rischio si intendono tutte le attività che hanno comportato una violazione di regole cautelari.

I militari che hanno contratto infermità a causa dell’esposizione operaono senza dispositivi personali di protezione in locali, e svolsero le loro mansioni in aree, luoghi, situazioni sprovvisti/e di appropriati specifici e dedicati “sistemi di sicurezza”.

Inoltre è richiesto un quid pluris di disagio sofferto nel corso dell’espletamento del servizio: tale disagio consegue al carattere “straordinario” della prestazione del servizio, da cui sia conseguita la sottoposizione dell’istante “a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”. Va sottolineato che l’appartenenza alle Forze Armate, oltre a comportare di per sé condizioni di vita strutturalmente più gravose rispetto all’impiego civile (a mero titolo di esempio, sottoposizione a rigido vincolo gerarchico, continuo addestramento fisico, pronta reperibilità, frequenti trasferimenti, et similia), impone al militare di esporsi al pericolo: dunque la “straordinarietà” richiesta dall’art. 1079 D.P.R. n. 90 del 2010.

La specificità dell’accertamento e la presunzione a carico dell’Amministrazione

Il complesso normativo di riferimento è quello di cui all’art. 1078 del DPR 90/2010, in combinato disposto con l’art. 603 del D.L.vo 66/2010, e con l’ambito di applicazione quello di cui all’art. 1079 dello stesso DPR 90/2010.

Il Piombo, il Cromo, il Mercurio, il Rame e lo Zinco sono tra i metalli pesanti individuati ex art. 1078 (Capo II – Soggetti che hanno contratto infermità o patologie tumorali per particolari condizioni ambientali ed operative) del D.P.R. 15 marzo 2010 n.90 quali responsabili, se introdotti nell’organismo umano in dimensioni nanometriche, dell’insorgenza di patologie tumorali; al pari delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.

Il DPR 90/2010 all’art. 1078  definisce il trattamento previdenziale e per le invalidità di servizio ai soggetti esposti a particolari fattori di rischio, che hanno contratto infermità o patologie tumorali per particolari condizioni ambientali od operative, per cui rilevano le missioni e allo stesso tempo il teatro operativo all’estero, e le particolari condizioni, già di per sé e per effetto di tale impiego.

Il successivo art. 1079 prevede che ai soggetti siano corrisposte le elargizioni previste per le vittime del dovere.

In ambito previdenziale e più specificamente nella pensionistica privilegiata, vige il concetto della interdipendenza. Per consolidata dottrina medico-legale e giurisprudenziale, l’espressione interdipendenza delinea un rapporto di causalità, giuridicamente rilevante, che consente di correlare un’invalidità, già indennizzata, ad ogni altra menomazione dell’integrità anatomo-funzionale, diffusione o complicazione, nosograficamente nuova e diversa, interessante lo stesso organo e/o apparati e/o organi ed apparati cofunzionali, tanto che il danno anatomo-funzionale deve essere valutato nel suo complesso, per cui similare ragionamento in termini di rapporto causale e di interdipendenza deve applicarsi nella ricostruzione dell’evento.

Per cui «Il fatto che, allo stato delle conoscenze scientifiche, non sia acclarata l’effettiva valenza patogenetica dell’esposizione all’uranio impoverito non osta, dunque, al diritto alla percezione dell’indennità, che comunque spetta allorché l’istante abbia contratto un’infermità verosimilmente a causa di “particolari condizioni ambientali ed operative”, di cui “l’esposizione e l’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e la dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico” costituiscono solo un possibile aspetto» (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

Nesso causale e inversione dell’onere della prova

Per quanto riguarda lo status di vittima del dovere vale il principio dell’inversione dell’onere della prova in relazione all’esposizione ad uranio impoverito, oltre che all’amianto.

In questo caso sono rilevanti tutte le esposizioni, anche quelle indirette e per contaminazione del lungo servizio, in patria e nelle missioni all’estero. Infatti i benefici per le vittime del dovere non si basano sul profilo dell’esposizione all’uranio impoverito o nano particelle, ma sulla sottoposizione a “gravose condizioni ambientali e operative” e della conseguente contrazione di infermità in una platea di soggetti definiti dalla legge:

a) al personale militare e civile italiano impiegato in “missioni di qualunque natura”, sia in P. sia all’estero; b) al personale militare e civile italiano impiegato presso “i poligoni di tiro ed i siti in cui vengono stoccati munizionamenti”;

c) al personale militare e civile italiano impiegato “nei teatri operativi all’estero” (evidentemente anche al di fuori di una specifica “missione” condotta dalla Forza Armata o dall’Amministrazione di appartenenza) ed al personale militare e civile italiano impiegato nelle aree di cui alle lettere;

d) ai “cittadini italiani” “operanti nei settori della cooperazione ovvero impiegati da organizzazioni non governative nell’ambito di programmi aventi luogo nei teatri operativi all’estero”;

e) ai “cittadini italiani residenti” “nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale presso le quali è conservato munizionamento pesante o esplosivo e alle aree di cui alla lettera b)”. In caso di decesso dell’interessato, del beneficio fruiscono “il coniuge, il convivente e i figli superstiti dei soggetti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), i genitori ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti”.

La prova del nesso causale tra esposizione e malattia

Molto spesso, in particolare con riferimento alle patologie più gravi, esitate nel decesso del militare che ne era affetto, il C.V.C.S. si è espresso in termini negativi per l’asserita mancanza di certezza assoluta, sul piano scientifico, in ordine al nesso di causalità, senza alcuna valutazione del criterio probabilistico-statistico che, per costante insegnamento dei giudici di legittimità, deve essere applicato in questi casi, anche con riguardo alla causa di servizio (Cassazione civile, sez. un., 17/06/2004, n. 11353, e, da ultimo, Cassazione civile, sez. lav., 02/01/2018, n. 12).

Ma il T.A.R. Genova, (Liguria), sez. I, 29/09/2016, n. 956 afferma che “In tema di accertamenti in ordine alla dipendenza da causa di servizio, l’impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto tra l’impiego nei contesti fortemente inquinati dei teatri operativi (nella specie il ricorrente era stato impiegato nel 2002 nel Kosovo in zone interessate dall’utilizzo di ordigni all’uranio impoverito) e la patologia neoplastica comporta che non debba essere richiesta la dimostrazione dell’esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo invece sufficiente la dimostrazione in termini probabilistico-statistici, come indicato nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta nominata in materia.

In tale ottica, il verificarsi dell’evento costituisce ex se un dato sufficiente, secondo il cosiddetto « criterio di probabilità », a far sì che le vittime delle patologie abbiano diritto ai benefici previsti dalla legislazione vigente ogni qual volta, accertata l’esposizione del militare all’inquinante in parola, l’amministrazione non riesca a dimostrare che essa non abbia determinato l’insorgenza della patologia e che questa dipenda, invece, da fattori esogeni dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica.”

“La probabile connessione tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgenza di gravi patologie, anche di natura oncologica, ha indotto l’ONU a vietare l’utilizzo di armi contenenti tale elemento (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi hanno assunto misure di protezione e di precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO.

I lavori della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sull'UI

Nei lavori della Commissione Parlamentare d’Inchiesta, e in particolare nell’audizione del 06.12.2017, l’Avv. Ezio Bonanni ha depositato agli atti della Commissione, Consiglio di Stato 837/2016, che afferma il principio dell’onere della prova di escludere il nesso causale, a carico dell’amministrazione, riferito all’esposizione a radiazioni e nanoparticelle dovuto all’uso di proiettili all’uranio impoverito e alla pratica vaccinale.

La Relazione finale della Commissione Parlamentare d’Inchiesta della Camera dei Deputati ha confermato la condizione di rischio per i nostri militari dell’Esercito, in particolare per quelli inviati in missione in Kosovo e Bosnia.

Video dell’audizione dell’Avv. Ezio Bonanni presso la Commissione Uranio Impoverito

L’ONA e la tutela legale dei militari esposti

L’Osservatorio Nazionale Amianto di cui l’Avvocato Ezio Bonnani è Presidente ha istituito il Dipartimento Vittime del Dovere e il Dipartimento di tutela delle vittime dell’uranio impoverito e dei vaccini contaminati. Il coordinatore di questo nuovo dipartimento dell’ONA è Lorenzo Motta.

L’Avv. Ezio Bonanni, durante l’audizione del 06.12.2017, come già detto, è stato ascoltato dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta. Le risultanze della relazione sono decisive per la tutela dei diritti dei militari.

L’ONA continua il suo sforzo perché non esistano più vittime del dovere e offre assistenza legale a tutti i militari che abbiano contratto un’infermità temporanea o permanente nell’esercizio della loro professione, comprese le esercitazioni.

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