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Guerra in Libano: militari e tutela legale

Durante la Guerra in Libano i miliatari in missione, compresi quelli italiani, furono esposti a patogeni che causarono gravi danni alla loro salute, connessi all'utilizzo di dardi all'uranio impoverito. L'esposizione dannosa in Libano ha similitudine con quelle causate dalla guerra in Kosovo e dalle guerre in Iraq. In tutti questi teatri di guerra furono infatti usati proiettili all'uranio impoverito.

Essi disperdono nell'ambiente particolato e nanoparticelle di metalli pesanti, di sostanze tossiche e cancerogene o irritanti, di fibre artificiali di varia natura, tra cui le fibre di amianto, in seguito alla detonazione e distruzioen del target.

In questa guida parliamo dei rischi a cui sono stati esposti i militari italiani durante la guerra in Libano, senza alcuna protezione o informazione. I militari che hanno contratto una malattia correlata all'esposizione a metalli pesanti, uranio impoverito e radiazioni ionizzanti e non ionizzanti hanno diritto al riconoscimento della causa di servizio e dello status di vittima del dovere.

L'Avvocato Ezio Bonanni ha seguito personalmente molti contenziosi per il riconoscimento dei diritti delle vittime, spesso negati dalle Amministrazioni. Ha difeso con successo i militari che hanno riportato gravi malattie in seguito alla guerra in Kosovo (ricordiamo il caso Di Vico e il caso del Colonnello Calcagni intervenuto al convegno presso il Campidoglio organizzato dall'ONA“Guerra e pace: vittime del dovere”), alla guerra in Iraq e in Libano.

Colonnello Carlo Calcagni

Guerra in Libano: riassunto dei fatti salienti

Le prima Guerra del Libano ha avuto inizio nel 1982 in un contesto già spossato dalla guerra civile che aveva avuto inizio nel 1975. Nel 1982 le Forze diDifesa Istraeliane invasero il Sud del Libano. Lo avevano già tentato nel 1978 con l'Operazione Litani, con lo scopo di creare una zona cusicnetto.

Occupato il Libano meridionale, l'OLP e le forze siriane della FAD (Forze Arabe di Dissuasione), giunte in Libano nel corso della guerra civile libanese su incarico della Lega Araba, negoziarono lo sgombero dal Libano dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina sotto la protezione di organizzazioni internazionali istituzionalmente neutrali. Nel 1985 le truppe israeliane si ritirarono dal Libano.

Nel 2006 ebbe inizio la Seconda Guerra Libanese, durata 34 giorni. L'esercito israeliano attaccò il Libano in seguito alla cattura di due suoi soldati da parte di militanti libanesi di Hezbollah. Il conflitto è continuato fino al cessate il fuoco per intermediazione delle Nazioni Unite e la rimozione del blocco tattico-strategico navale del Libano da paret di Israele.

La Risoluzione 1701 dell'ONU ha richiesto il disarmo di Hezbollah e il ritiro delle truppe israeliane dal Libano, con lo spiegamento di soldati libanesi e di una Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL) nel sud del Libano.

UNIFIL: La Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite

La Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite è una forza militare di interposizione dell'ONU, creata il 19 marzo 1978 con le risoluzioni 425 e 426 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il mandato è stato rinnovato più volte, in seguito all'invasione israeliana del Libano del 1982, in seguito al ritiro delle truppe israeliane dal Libano del 2000 e in occasione della Seconda Guerra del Libano.

Da allora il mandato dell'UNIFIL viene rinnovato annualmente dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il suo finanziamento è approvato su base annuale dall'Assemblea Generale. L'ultimo mandato è scaduto il 31 agosto 2019.

ITALAIR è l’unica unità di volo interforze schierata dall’Italia all’estero e la più longeva. Alle dipendenze dirette dell’Head of Mission e Force Commander di UNIFIL, è costituita da piloti, tecnici, operatori di bordo e personale di supporto dell’Esercito Italiano, della Marina Militare e dell’Aeronautica Militare.

ITALAIR e i militari italiani in Libano

Il primo contributo dell’Italia alla missione UNIFIL è datato 3 luglio 1979, quando lo squadrone di elicotteri ITALAIR venne schierato a Naqoura. Dal 2006 lo squadrone di elicotteri ITALAIR è stato riorganizzato e ribattezzato “Task Force ITALAIR”. Nel corso degli anni sono effettuate più di 53.000 ore di volo, oltre 1.300 missioni di evacuazione sanitaria, trasportando 182.000 passeggeri e più di 4 tonnellate di materiali.

I militari italiani di ITALAIR sono stati esposti all'inquinamento ambientale generato dal conflitto e ad una serie di sostanze nocive e cancerogene che in molti casi hanno generato malattia o paura di ammalarsi. I militari non sono stati informati e dotati degli opportuni dispositivi di protezione individuale.

Inquinamento ambientale post-conflitto in Libano

L'impatto ambientale più serio del conflitto in Libano è probabilmente da rintracciare nell'inquinamento atmosferico causato dalla distruzione e dal conseguente incendio dei serbatoi di carburante. A Jiyeh, a titolo di esempio, il carburante bruciò per 27 giorni. Il fumo conteneva un cocktail altamente tossico.

Qui è disponibile il report completo della UNEP sul Post-conflict enivornmental assessment in Libano che indica gli alti livelli di polveri sottili e lo stato delle risorse idriche a rischio di contaminazione dopo le distruzioni massive delle fonti di distribuzione. Nel report sono presenti anche i risultati sull'inquinamento da metalli pesanti nei luoghi dei bombardamenti.

Guerra in Libano

Uso dell'uranio impoverito nella guerra in Libano

Il rapporto delle Nazioni Unite afferma che non ci sono prove di un effettivo uso di armi all’uranio impoverito nel sud del Libano. Le tracce di uranio in diversi  campioni di urina prelevati dalla popolazione delle aree colpite dai bombardamenti evidenziano il contrario, comprese quelle dei militari italiani operativi nel paese.

Nelle urine dell'elicotterista Alfredo Cesini sono state riscontrate, oltre all'uranio impoverito, concentrazioni preoccupanti di Alluminio (Al), Arsenico (As), Cadmio (Cd), Cesio (Cs), Cromo (Cr), Ferro (Fe), Manganese (Mn), Mercurio (Hg), Nichel (Ni), Palladio (Pd), Piombo (Pb), Rame (Cu), Stagno (Sn), Stronzio (Sr), Tallio (Tl), Titanio (Ti), Vanadio (V), Zinco (Zn) e Zirconio (Zr).

Il cado di Alfredo Cesini in missione nella Guerra in Libano

Il Primo Maresciallo Pilota Osservatore di Elicottero Alfredo Cesini fu inviato in missione all’estero presso ITALAIR “UNIFIL” dal 09 febbraio 1996 al 16 febbraio 1997. Nel periodo trascorso in Libano del Sud la concentrazione di sostanze cancerogene, tossiche, nocive, irritanti – singole e in miscela tra loro – fu elevatissima, anzi sinergizzata dalla miscela stessa di tali sostanze e dalla loro somma delle ricadute.

Non fu mai informato, né formato e tantomeno addestrato alla prevenzione e alla sicurezza individuale e collettiva contro i sopra indicati “noises”.

Questo, unito a stress lavoro-correlati e da combattimento, a non corretta e sana alimentazione, ad assoggettamenti vaccinazioni multipli, ha comportato l’insorgenza di una malattia devastante e la conseguente invalidità.

Il pilotare velivoli ad ala rotante in dotazione, mono e soprattutto bielica rotante, comportò lo spostamento, il sollevamento e la ricaduta di enormi masse di aria e di polveri e particolari. Tali masse d’aria e particolati, soprattutto nei teatri bellici già oggetto di azioni belliche e di bombardamenti con munizionamento convenzionale e soprattutto ad Uranio Impoverito, causò centinaia di ore di esposizione a particolati di varie dimensioni e a nanopolveri.

Uranio impoverito: cos’è e come è stato utilizzato?

L’Uranio Impoverito (UI) è un sottoprodotto del processo di arricchimento dell’Uranio, in cui l’Uranio-235 (U235) viene impoverito di due terzi del suo contenuto originario di Uranio naturale.
L’alta densità dell’Uranio Impoverito (19 g/cm3) lo rende un materiale superiore per la penetrazione delle corazzature.

Le proprietà chimiche e metalliche dell’UI sono del tutto analoghe a quelle dell’Uranio naturale e implicano rischi simili per quanto riguarda la tossicità chimica e radiologica. La Commissione di Regolamentazione del Nucleare degli Stati uniti lo classifica infatti l’UI come materiale utilizzabile solo dietro autorizzazioni generali specifiche.

L’autorizzazione generale consente l’uso e il trasporto di UI in quantità di 15 libbre (6,8 kg) per volta fino ad un massimo di 150 libbre all’anno (68 kg). Per le autorizzazioni specifiche è necessario presentare una documentazione scritta dell’uso previsto per il metallo e specifici riferimenti all’equipaggiamento, all’osservanza delle norme sanitarie e di sicurezza e alla preparazione del personale.

Approfondisci su “Alcune Tesi e Fatti sull’Uranio Impoverito (DU), sul suo Uso nei Balcani, sulle Conseguenze sulla Salute di Militari e Popolazione” del COMITATO SCIENZIATE e SCIENZIATI contro la Guerra.

Uranio impoverito: danni alla salute

Quando un proiettile di uranio impoverito colpisce un bunker o un carro armato, alla sua esplosione ad alta temperatura rilascia nell’ambiente nanoparticelle di metalli pesanti. Tra questi compare il piombo che lo IARC nel volume 77 del 2006 inserisce tra i possibili cancerogeni per l'uomo, di comprovata tossicità e in grado di causare gravi danni biologici, indipendentemente dalla capacità cancerogena.

Se l’uranio impoverito viene inalato, il metallo radioattivo si deposita nei polmoni e in altri organi, causando diversi tipi di cancro.

Nei Paesi maggiormente bombardati con uranio impoverito si sono infatti registrati numerosi casi di malattie del sistema ematopoietico e gastrointestinale, tra i militari e tra i civili. Vanno sotto il nome di “Sindrome dei Balcani“. Gli effetti sulla salute dell'Uranio Impoverito possono essere approfonditi su "Depleted Uranium. Sources, exposures and health effects" dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’epidemia fra coloro che hanno partecipato alle missioni di peacekeeping nei Balcani ha colpito più di 7.500 militari italiani, con circa 400 deceduti.

Tra le patologie che hanno maggiormente colpito gli esposti ci sono:

  • danni renali;
  • cancro ai polmoni;
  • tumore alle ossa;
  • carcinoma all’esofago;
  • problemi alla pelle;
  • disturbi neurocognitivi;
  • anomalie cromosomiche;
  • sindromi da immunodeficienza;
  • rare malattie renali e intestinali;
  • malformazioni genetiche ai nascituri;
  • linfomi di Hodgkin e leucemie.

Leggi tutto sulle: stragi dei militari per uranio impoverito

Uranio Impoverito: danni alla salute nel dettaglio

Nei casi di contaminazione interna, i composti solubili (uranili, UVI), provocano danni chimici a livello dei tubuli convoluti prossimali dei reni dando luogo a ematuria, albuminuria, formazione di masse ialine e granulari all’interno delle cavità, azotemia e necrosi tubulare.

I composti meno solubili (uranosi, UIV), vengono trattenuti in via primaria all’interno dei polmoni se inalati, oppure si accumulano nell’osso durante la fase di mineralizzazione. Essi inoltre inibiscono il metabolismo dei carboidrati nel complesso dell’ATP-uranil-esochinasi e, di conseguenza, nel blocco del trasferimento di fosfati al glucosio e nell’inibizione della prima fase dell’utilizzo metabolico dello zucchero.

L’elevata organo-specificità degli isotopi dell’Uranio, combinata con una lunga emivita e
con la radiazione corpuscolare, determina danni chimici e radiologici agli organi bersaglio, all’albero bronchioalveolare, ai reni e alle ossa, dando luogo ad alterazioni somatiche e genetiche e dunque cancro.

Mentre le radiazioni alfa degli isotopi dell’Uranio contenuti nell’UI non rappresentano un rischio esterno significativo, le radiazioni beta da 2,29 MeV (234 Pa) hanno un raggio d’azione di 0,5 cm in alluminio e di diversi centimetri nel tessuto umano e producono pertanto un’esposizione ai raggi beta di 217 20,4 mR/h. Questo è confermato dalla Monografia 100 D dello IARC dedicata alle radiazioni.
I raggi gamma sono il principale tipo di radiazione in una cartuccia all’UI.

La contaminazione dell’organismo da UI costituisce un rischio di ordine sia chimico che fisico se l’Uranio accede all’interno dell’organismo per via cutanea, orale o polmonare oppure attraverso ferite o ustioni. L’Ossido di Uranio trattenuto nei polmoni può causare lesioni neoplastiche quali il carcinoma epidermoide.

Qui la puntata di ONA TV: Uranio impoverito, la dura battaglia dei militari italiani

Esposizioni dannose nelle missioni in Iraq

Oltre all'amianto che lo IRAC inserisce nella “Categoria 1: Cancerogeno per l’Uomo” in
tutte le sue forme (cfr. IARC, Volume 100 C del 2012: “Arsenic, Metals, Fibres, and Dusts”) i militari in missione nelle guerre in Iraq sono stati generalmente esposti a:

Le vittime del dovere sono coloro che hanno svolto un servizio in particolari attività, indicate nell’art. 1, co. 563, L. 266/2005. Successivamente, queste tutele sono state ampliate, per coloro che hanno svolto missioni e attività in particolari condizioni, ambientali ed operative.

In caso di infermità e/o di decesso, sussiste il diritto al riconoscimento di questo status. In tutti i casi in cui ciò è avvenuto:

  • nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
  • nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
  • nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
  • in operazioni di soccorso;
  • in attività di tutela della pubblica incolumità;
  • a causa di azioni in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità. 

Nei casi in cui tali lesioni siano sopraggiunte durante il compimento del proprio servizio in condizioni di rischio che esulano dall’ordinarietà, si ha diritto anche alla totale equiparazione vittime del dovere. Si fa riferimento alle particolari condizioni ambientali e operative eccedenti l’ordinarietà (art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006), tra le quali l’esposizione ad asbesto, a nanoparticelle per proiettili all’uranio impoverito, a radiazioni ionizzanti: 

per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”. 

Tutti i benefici per le vittime del dovere

Per vittime del dovere i benefici previsti dalla legge sono:

  • una speciale elargizione da € 200.000, oltre rivalutazione monetaria in ipotesi di inidoneità al servizio o di invalidità non inferiore all’80% (negli altri casi, € 2.000 per punto percentuale, oltre rivalutazione monetaria); 
  • assegno vitalizio mensile di € 500, a condizione che abbiano una lesione invalidante pari al 25%;
  • speciale assegno vitalizio di € 1.033,00 mensili, a condizione che abbiano una lesione invalidante pari al 25%; 
  • due annualità di pensione per gli aventi diritto alla reversibilità; 
  • esenzione Irpef sulle pensioni;
  • assunzione per chiamata diretta con precedenza assoluta rispetto a ogni altra categoria (diritto esteso ai figli o al coniuge in caso di decesso o di invalidità che non consenta la prosecuzione dell’attività lavorativa);
  • esenzione dal pagamento del ticket sanitario; 
  • accesso alle Borse di studio; 
  • assistenza psicologica. 

Lo status di vittima del dovere è imprescrittibile, ai sensi dell’art. 2934 c.c., in relazione agli artt. 2 e 38 Cost. Questo principio è molto importante, perchè permette di ottenere la tutela anche nel caso in cui fossero trascorsi più di 10 anni rispetto all’evento lesivo.

Totale equiparazione a vittime del dovere

L'equiparazione vittime del dovere alle vittime del terrorismo è ormai un dato acquisito (SS.UU 22753 del 2018). Tuttavia, questa totale equiparazione alle vittime del terrorismo è solo per quanto riguarda le prestazioni nei confronti della vittima, e non include gli orfani che non sono nel carico fiscale.

Negli anni, grazie all’impegno dell’Avv. Ezio Bonanni, erano stati raggiunti significativi risultati anche per la tutela degli orfani di vittima del dovere non nel carico fiscale. Ricordiamo importanti pronunce, tra cui quella della Corte di Appello di Genova – sez. Lavoro n. 575/2019, che aveva accolto la domanda di orfana non a carico. Così con riforma della sentenza di primo grado.

Tuttavia, in seguito a Cass. Civile Ord. Sez. 6 Num. 15224 del 2021, la questione rimaneva da affrontare, dopo le SS.UU. 22753 del 2018.

Le tutele per i superstiti delle vittime del dovere

In seguito al decesso, tutte le prestazioni maturate dalla vittima vengono erogate ai suoi eredi legittimi, comprese le prestazioni previdenziali e risarcitorie. Ne rimangono esclusi come superstiti delle vittime del dovere, come già detto, gli orfani non a carico fiscale.

Si applicherebbe, secondo l'Avvocatura dello Stato infatti, l’art. 6, comma 1, n. 1 della L. 466/1980, che identifica tra i superstiti solo i figli nel carico fiscale e il coniuge.

Questa discriminazione è inaccettabile. Questa vicenda è stata rimarcata nei suoi aspetti paradossali, dallo stesso Avv. Ezio Bonanni sentito dalla I Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica (29.10.2019).

Purtroppo, la Corte di Cassazione, ha accolto le richieste dell’Avvocatura dello Stato, ritenendo applicabile questa normativa. Così Cass. Sez. Lav., 11181 del 2022. Però, con delle eccezioni.

In attesa del Legislatore, la Corte tutela gli orfani non a carico in assenza del coniuge oppure se questi non è titolare di pensione. Infatti, secondo la stessa Cassazione, Sez. Lav. 11181/2022, sono fatti salvi i diritti degli orfani non a carico fiscale solo in questo caso.

I beneficiari dell’equiparazione a vittime del dovere 

La Legge 466/1980 indica che sono equiparati a vittime del dovere: magistrati ordinari, militari dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo di finanza, appartenenti alle guardie di pubblica sicurezza e del Corpo degli agenti di custodia, il personale del Corpo forestale dello Stato e del Corpo di polizia femminile. A vittime del dovere equiparazione si aggiungono il personale civile dell’Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, vigili del Fuoco, appartenenti alle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso. 

La legge è arrivata a includere come equiparati vittime del dovere anche ad altri tipi di vittime. In particolare, questo diritto è riconosciuto a tutti coloro che nell’adempimento di un dovere hanno subito delle infermità, dunque un danno biologico (SS. UU. 22753/2018). Sono quindi compresi i dipendenti pubblici e coloro che non sono dipendenti pubblici, ma hanno svolto un servizio per la PA in esposizione ad amianto o ad altri cancerogeni (Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con Sent. n. 22753/2018). 

Quantificazione del danno non patrimoniale (SS.UU. 6215/2022)

Le prestazioni sia previdenziali che risarcitorie si misurano sul grado di invalidità. Sia lo speciale assegno vitalizio che l’assegno vitalizio mensile sono erogati solo a coloro riconosciuti con un grado di invalidità non inferiore al 25%. Il criterio per la quantificazione è quello del dPR 181 del 2009 e non l’art. 5 d.P.R. n. 243/2006, con gli artt. 5 e 6 I. n. 206/2004.

Si tratta di una tutela importante, perché il Legislatore ha sancito che l’invalidità rilevante deve comprendere anche il danno morale subito. Ciò comporta una rivalutazione retroattiva delle prestazioni su istanza dell'interessato.

Vittime del dovere: diritto al risarcimento danni

La vittima del dovere e i loro eredi leggittimi hanno diritto al totale risarcimento dei danni. Perciò vanno ristorati i danni patrimoniali (danno emergente e lucro cessante) e danni non patrimoniali subiti (morali, biologici, esistenziali).

I familiari eredi legittimi hanno diritto anche al risarcimento dei danni subiti iure proprio. Il risarcimento del danno parentale spetta anche a coloro che possono dimostrare un rapporto di affetto con la vittima, la cui morte comporta uno stravolgimento sostanziale della propria esistenza e radicali e fondamentali cambiamenti di vita dovuti alla perdita.

Vi sono differenti strade con cui si può conseguire l’ottenimento di un risarcimento danni, come: 

  • costituirsi parte civile nel processo penale e chiedere la condanna del Ministero, sia esso della Difesa, dell’Interno, o dell’Economica e delle Finanze, in solido con gli imputati, al risarcimento dei danni da reato (lesioni colpose in caso di patologia oppure omicidio colposo in caso di decesso); 
  • esercitare l’azione civile presso il TAR, facendo valere la responsabilità contrattuale per violazione dell’obbligo di sicurezza; 
  • esercitare l’azione civile con azione presso il Tribunale di Roma, chiedendo la condanna del Ministero responsabile, per i profili di responsabilità extracontrattuale e civile da reato. 

Causa di servizio nelle missioni in Libano

I militari impiegati nelle missioni in Libano che hanno riportato malattia devono ottenere lo status di vittime del dovere. Per ottenere questo status è necessario in primis ottenere il riconoscimento della causa di servizio, attraverso il nesso tra la malattia e la missione svolta. Questo "suffragato dai referti medici che attestano la presenza metalli pesanti, in forma di micro e nano particelle, ed elementi chimici in quantità a volte esorbitanti e quindi non altrimenti spiegabili se non attraverso l’esposizione a sostanze inquinanti presumibilmente presenti nell’ambiente di lavoro» (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

“In caso di infermità contratte da militari a causa dell'esposizione a polveri sottili derivanti dall'uranio impoverito, il verificarsi dell'evento costituisce un dato ex se sufficiente a ingenerare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al risarcimento a meno che la Pubblica amministrazione non riesca a dimostrare che essa non aveva determinato l'insorgenza della patologia la quale dipenda, invece, da fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l'insorgere dell'infermità.” (T.A.R. Torino, (Piemonte), sez. I, 06/03/2015, n. 429).

Ai sensi dell’art. 6 del DPR 243/2006, sovrapponibile a quella di cui all’art. 7 del DPR 461/2001, per la causa di servizio si ha la rilevanza di qualsiasi causa che abbia anche solo contribuito ad anticipare l’insorgenza, ovvero aggravare le infermità, ovvero anticipare la data della morte, come causa efficiente e determinante anche a titolo concausale, ex art. 64, 1° e 2° co., del DPR 1092/1973, rispetto alle regole della responsabilità civile, che non trovano applicazione nell’ambito dell’accertamento della causa di servizio in particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà, ai sensi dell’art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006.

Missioni in Libano: vittime del dovere

L’art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006 recita: «Laddove, invece, l'istanza tenda alla percezione della speciale elargizione, si verte in un ben diverso ambito indennitarioI presupposti del risarcimento del danno e della speciale elargizione sono del tutto diversi: nel primo caso l’integrazione di tutti gli elementi propri di un'ipotesi di responsabilità civile, tra cui pure la prova del nesso eziologico e dell'elemento soggettivo in capo al danneggiantenel secondo caso la mera dimostrazione di aver affrontato - senza che ciò integri “colpa” dell'Amministrazione – “particolari condizioni ambientali od operative”, connotate da un carattere “straordinario” rispetto alle forme di ordinaria prestazione del servizio, che siano la verosimile causa di un'infermità. Inoltre, il risarcimento del danno compete a chiunque e dipende nel quantum dall'effettivo danno riportato, mentre la speciale elargizione spetta solo ai soggetti individuati dalla legge ed è quantificata a monte in misura predeterminata» (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

Vediamo di seguito perché per i militari in missione che hanno riportato una malattia correlata all'esposizione all'uranio impoverito e a nano particelle di metalli pesanti deve vigere la totale equiparazione a vittime del dovere. Ovvero la conferma del nesso causale e/o della causa di servizio in particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà, ai sensi dell’art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006.

L'art. 1 del d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 definisce le missioni come attività di qualunque natura, anche ordinarie funzioni e mansioni, "quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall'Autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente".

La stessa sentenza già citata afferma che: "per particolari condizioni ambientali od operative", si intendono "le condizioni comunque implicanti l'esistenza o anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi e fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d'istituto".

Sulla base di SS.UU. 15055/2017, le "particolari condizioni ambientali e operative" sono legate anche a "grave errore organizzativo", che è individuabile nella "imprudente organizzazione del servizio da parte dell’organizzazione", che ha aggravato il rischio (così Tribunale di Palermo, sezione lavoro, sentenza n. 2420/2020, pubblicata il 03.09.2020, a definizione del proc. n. 7696/2015 RG). Quindi per missione in condizione di rischio si intendono tutte le attività che hanno comportato una violazione di regole cautelari.

I militari che hanno contratto infermità a causa dell'esposizione operaono senza dispositivi personali di protezione in locali, e svolsero le loro mansioni in aree, luoghi, situazioni sprovvisti/e di appropriati specifici e dedicati “sistemi di sicurezza”.

Inoltre è richiesto un quid pluris di disagio sofferto nel corso dell’espletamento del servizio: tale disagio consegue al carattere “straordinario” della prestazione del servizio, da cui sia conseguita la sottoposizione dell'istante “a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”. Va sottolineato che l'appartenenza alle Forze Armate, oltre a comportare di per sé condizioni di vita strutturalmente più gravose rispetto all’impiego civile (a mero titolo di esempio, sottoposizione a rigido vincolo gerarchico, continuo addestramento fisico, pronta reperibilità, frequenti trasferimenti, et similia), impone al militare di esporsi al pericolo: dunque la "straordinarietà" richiesta dall'art. 1079 D.P.R. n. 90 del 2010.

La specificità dell'accertamento e la presunzione a carico dell'Amministrazione

Il complesso normativo di riferimento è quello di cui all’art. 1078 del DPR 90/2010, in combinato disposto con l’art. 603 del D.L.vo 66/2010, e con l’ambito di applicazione quello di cui all’art. 1079 dello stesso DPR 90/2010.

Il Piombo, il Cromo, il Mercurio, il Rame e lo Zinco sono tra i metalli pesanti individuati ex art. 1078 (Capo II – Soggetti che hanno contratto infermità o patologie tumorali per particolari condizioni ambientali ed operative) del D.P.R. 15 marzo 2010 n.90 quali responsabili, se introdotti nell’organismo umano in dimensioni nanometriche, dell’insorgenza di patologie tumorali; al pari delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.

Il DPR 90/2010 all'art. 1078  definisce il trattamento previdenziale e per le invalidità di servizio ai soggetti esposti a particolari fattori di rischio, che hanno contratto infermità o patologie tumorali per particolari condizioni ambientali od operative, per cui rilevano le missioni e allo stesso tempo il teatro operativo all’estero, e le particolari condizioni, già di per sé e per effetto di tale impiego.

Il successivo art. 1079 prevede che ai soggetti siano corrisposte le elargizioni previste per le vittime del dovere.

In ambito previdenziale e più specificamente nella pensionistica privilegiata, vige il concetto della interdipendenza. Per consolidata dottrina medico-legale e giurisprudenziale, l’espressione interdipendenza delinea un rapporto di causalità, giuridicamente rilevante, che consente di correlare un’invalidità, già indennizzata, ad ogni altra menomazione dell’integrità anatomo-funzionale, diffusione o complicazione, nosograficamente nuova e diversa, interessante lo stesso organo e/o apparati e/o organi ed apparati cofunzionali, tanto che il danno anatomo-funzionale deve essere valutato nel suo complesso, per cui similare ragionamento in termini di rapporto causale e di interdipendenza deve applicarsi nella ricostruzione dell’evento.

Per cui «Il fatto che, allo stato delle conoscenze scientifiche, non sia acclarata l’effettiva valenza patogenetica dell'esposizione all'uranio impoverito non osta, dunque, al diritto alla percezione dell'indennità, che comunque spetta allorché l'istante abbia contratto un'infermità verosimilmente a causa di “particolari condizioni ambientali ed operative”, di cui “l’esposizione e l'utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico” costituiscono solo un possibile aspetto» (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

Nesso causale e inversione dell'onere della prova

Per quanto riguarda lo status di vittima del dovere vale il principio dell’inversione dell’onere della prova in relazione all’esposizione ad uranio impoverito, oltre che all’amianto.

In questo caso sono rilevanti tutte le esposizioni, anche quelle indirette e per contaminazione del lungo servizio, in patria e nelle missioni all'estero. Infatti i benefici per le vittime del dovere non si basano sul profilo dell'esposizione all'uranio impoverito o nano particelle, ma sulla sottoposizione a "gravose condizioni ambientali e operative" e della conseguente contrazione di infermità in una platea di soggetti definiti dalla legge:

a) al personale militare e civile italiano impiegato in “missioni di qualunque natura”, sia in P. sia all’estero; b) al personale militare e civile italiano impiegato presso "i poligoni di tiro ed i siti in cui vengono stoccati munizionamenti”;

c) al personale militare e civile italiano impiegato “nei teatri operativi all'estero” (evidentemente anche al di fuori di una specifica “missione” condotta dalla Forza Armata o dall'Amministrazione di appartenenza) ed al personale militare e civile italiano impiegato nelle aree di cui alle lettere;

d) ai “cittadini italiani” “operanti nei settori della cooperazione ovvero impiegati da organizzazioni non governative nell’ambito di programmi aventi luogo nei teatri operativi all’estero”;

e) ai “cittadini italiani residenti” “nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale presso le quali è conservato munizionamento pesante o esplosivo e alle aree di cui alla lettera b)”. In caso di decesso dell’interessato, del beneficio fruiscono “il coniuge, il convivente e i figli superstiti dei soggetti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), i genitori ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti”.

Come funziona la prova del nesso causale

Molto spesso, in particolare con riferimento alle patologie più gravi, esitate nel decesso del militare che ne era affetto, il C.V.C.S. si è espresso in termini negativi per l’asserita mancanza di certezza assoluta, sul piano scientifico, in ordine al nesso di causalità, senza alcuna valutazione del criterio probabilistico-statistico che, per costante insegnamento dei giudici di legittimità, deve essere applicato in questi casi, anche con riguardo alla causa di servizio (Cassazione civile, sez. un., 17/06/2004, n. 11353, e, da ultimo, Cassazione civile, sez. lav., 02/01/2018, n. 12).

Ma il T.A.R. Genova, (Liguria), sez. I, 29/09/2016, n. 956 afferma che "In tema di accertamenti in ordine alla dipendenza da causa di servizio, l'impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto tra l'impiego nei contesti fortemente inquinati dei teatri operativi (nella specie il ricorrente era stato impiegato nel 2002 nel Kosovo in zone interessate dall'utilizzo di ordigni all'uranio impoverito) e la patologia neoplastica comporta che non debba essere richiesta la dimostrazione dell'esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo invece sufficiente la dimostrazione in termini probabilistico-statistici, come indicato nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta nominata in materia. In tale ottica, il verificarsi dell'evento costituisce ex se un dato sufficiente, secondo il cosiddetto « criterio di probabilità », a far sì che le vittime delle patologie abbiano diritto ai benefici previsti dalla legislazione vigente ogni qual volta, accertata l'esposizione del militare all'inquinante in parola, l'amministrazione non riesca a dimostrare che essa non abbia determinato l'insorgenza della patologia e che questa dipenda, invece, da fattori esogeni dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica.”

«In concordanza con il «criterio di probabilità» proposto e fatto proprio dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta istituita con Delibera del Senato dell’11 ottobre 2006, le malattie emolinfopoietiche appaiono essere compatibili con l’esposizione del personale militare inviato nei Balcani agli inquinanti chimici e radiologici presenti nell’ambiente, già teatro di guerra; inquinanti che avrebbero agevolmente generato, attraverso radiazioni assorbite con contaminazione interna, la comparsa di tali morbilità. Il mancato utilizzo di nessuna protezione e nessuna particolare precauzione va a confermare tale ipotesi, tanto più che si usufruiva e veniva comunemente utilizzata l’acqua del posto per la pulizia della persona e del vestiario, delle cose, delle infrastrutture ed immobili, e per la preparazione del cibo» (v. pag. 270 – coerente con Consiglio di Stato, sentenza n. 5816/2021), ribadito nelle pagg. da 83 a 85 della relazione finale della Commissione Parlamentare d’Inchiesta della Camera dei Deputati del 07.02.2018, da cui non si può prescindere.

“La probabile connessione tra l'esposizione all'uranio impoverito e l'insorgenza di gravi patologie, anche di natura oncologica, ha indotto l'ONU a vietare l'utilizzo di armi contenenti tale elemento (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi hanno assunto misure di protezione e di precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO. Va, quindi, riconosciuta la responsabilità del Ministero della Difesa, secondo la fattispecie astratta dell'art. 2087 c.c., nel caso di contrazione da parte del militare impegnato in missioni ad alto rischio della patologia ematoncologica classificata come Linfoma di Hodgkin, a causa dell'assenza di dispositivi di protezione personale ed informazioni sull'utilizzo di armamenti e proiettili ad uranio impoverito.” (T.A.R. Aosta, (Valle d'Aosta), sez. I, 20/09/2017, n. 56).

I lavori della Commissione Parlamentare d'Inchiesta

Nei lavori della Commissione Parlamentare d'Inchiesta, e in particolare nell’audizione del 06.12.2017, l’Avv. Ezio Bonanni ha depositato agli atti della Commissione, Consiglio di Stato 837/2016, che afferma il principio dell’onere della prova di escludere il nesso causale, a carico dell’amministrazione, riferito all’esposizione a radiazioni e nanoparticelle dovuto all’uso di proiettili all’uranio impoverito e alla pratica vaccinale.

La Relazione finale della Commissione Parlamentare d’Inchiesta della Camera dei Deputati ha confermato la condizione di rischio per i nostri militari dell’Esercito, in particolare per quelli inviati in missione in Kosovo e Bosnia.

Video dell’audizione dell’Avv. Ezio Bonanni presso la Commissione Uranio Impoverito

Avvocato Ezio Bonanni: tutela legale vittime militari

L’Osservatorio Nazionale Amianto di cui l'Avvocato Ezio Bonnani è Presidente ha istituito il Dipartimento Vittime del Dovere e il Dipartimento di tutela delle vittime dell’uranio impoverito e dei vaccini contaminati. Il coordinatore di questo nuovo dipartimento dell’ONA è Lorenzo Motta.

L’Avv. Ezio Bonanni, durante l’audizione del 06.12.2017, come già detto, è stato ascoltato dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta. Le risultanze della relazione sono decisive per la tutela dei diritti dei militari.

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