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Responsabilità Civile: cos'è e il risarcimento del danno nel civile

In questa guida parliamo di responsabilità civile: cos'è, a cosa serve ein quali ambiti si applica. Ci occupiamo in particolare del risarcimento del danno nella responsabilità civile. Vediamo la differenza tra danno patrimoniale e non patrimoniale, il danno emergente e da lucro cessante e tutto quello che c’è da sapere sul danno nella responsabilità civile e contrattuale. Scopriamo anche come si calcola la liquidazione del danno e le definizioni di danno biologico, esistenziale e morale.

La responsabilità civile è un concetto legale che si riferisce all'obbligo di una persona o di un'entità giuridica (come un'azienda o un'organizzazione) di risarcire i danni o le perdite subiti da un'altra persona a causa di un comportamento negligente, scorretto o illecito. In altre parole, la responsabilità civile impone la necessità di compensare economicamente il pregiudizio causato a qualcuno a seguito di azioni o omissioni che violano un dovere giuridico o contrattuale.

Danno e responsabilità civile: in cosa consistono?

La responsabilità civile sorge quando si viola una regola del diritto civile. La legge riconosce due forme di responsabilità civile: quella contrattuale e quella extracontrattuale. Inoltre, esiste anche la responsabilità precontrattuale.

Questa sfera coinvolge vari settori specifici, tra cui la responsabilità medica, legale (degli avvocati e dei magistrati), e quella legata all'ambito scolastico.

La responsabilità civile include il diritto a ottenere un risarcimento per il danno subito, che può includere non solo danni materiali (come perdite economiche effettive o mancate opportunità economiche) ma anche danni non materiali, come quelli che interessano la persona stessa.

Differenze tra responsabilità civile e penale

La distinzione tra responsabilità civile e penale non è basata sulla gravità dell'atto commesso, né sul fatto che il diritto penale protegga interessi generali mentre quello civile tutela interessi specifici. La differenza risiede nella natura della norma violata e nelle conseguenze della sanzione.

La responsabilità civile sussiste quando si viola una norma del diritto civile, e quindi, in una causa civile per risarcimento danni, si applicano sanzioni tipiche del diritto civile, come il risarcimento danni.

La responsabilità penale, al contrario, sorge quando si viola una norma del diritto penale e comporta l'applicazione di sanzioni penali.

La responsabilità extracontrattuale: cos'è e quando si applica?

Ma andiamo più a fondo: cosa si intende per responsabilità extracontrattuale, che è anche nota come responsabilità civile? Nel nostro sistema giuridico, esiste il principio del "neminem laedere," il che significa che ciascuno deve comportarsi in modo tale da non arrecare danni agli altri nell'ambito della convivenza civile.

Questo principio è codificato nell'articolo 2043 del codice civile, che regola l'illecito extracontrattuale. Ogni volta che un individuo viola una regola di convivenza civile attraverso un comportamento riprovevole, intenzionale o dovuto a negligenza, può incorrere nella responsabilità extracontrattuale. Se tale comportamento ha causato un danno, sorge l'obbligo di risarcimento.

L'illecito civile comprende una condotta fisica che sia contraria alla legge, sia essa dolosa o colposa; deve includere un nesso causale e un danno ingiusto.

Quando si verifica un illecito? La condotta contraria alla legge

Cosa significa commettere un illecito civile e quando un atto è considerato tale? Un illecito civile si verifica quando si viola una norma di diritto civile. Questo comprende tutti i casi in cui un comportamento, intenzionale o colposo, che può essere attivo o omissivo, provoca un danno.

Come già accennato, il soggetto responsabile di un illecito è tenuto a risarcire solo se la sua condotta è la causa diretta dell'evento dannoso. In altre parole, deve esistere un nesso causale tra il comportamento e il danno.

La responsabilità contrattuale: cos'è e quando si applica?

Come anticipato, il risarcimento del danno può verificarsi anche in caso di violazione degli obblighi contrattuali.

La responsabilità contrattuale sorge quando una parte non adempie agli obblighi stabiliti da un contratto. Questa situazione si verifica anche quando l'adempimento è parziale o ritardato. La legge richiede che il debitore, nell'adempiere agli obblighi contrattuali, agisca come un "buon padre di famiglia". Se la sua condotta è negligente, sarà ritenuto colpevole e dovrà risarcire il danno.

Nel caso di obbligazioni derivate da attività professionali, il grado di diligenza richiesto deve essere adeguato al tipo di servizio prestato ed è generalmente superiore alla norma media.

Si applica sia a contratti tipici che atipici.

Contratti tipici e atipici: cosa sono?

I contratti sono considerati tipici (o nominati) quando sono previsti dal codice civile o da altre leggi. Esempi di contratti tipici includono la compravendita, la locazione e il mutuo. In base al principio dell'autonomia contrattuale, le parti possono anche stipulare contratti diversi da quelli previsti dalla legge, noti come contratti atipici. Questi contratti possono essere creati combinando elementi di contratti tipici o mediante altre modalità. Un esempio di contratto atipico invece è il leasing.

Principale differenza tra risarcimento e indennizzo: qual è?

Il risarcimento del danno e l'indennizzo sono due concetti distinti. Il risarcimento del danno, come spiegato in precedenza, riguarda le condotte illecite e implica la riparazione del danno subito. L'indennizzo, d'altro canto, si applica al di fuori delle condotte che violano la legge. La legge prevede che venga riconosciuto un importo per equa riparazione a chi ha subito un potenziale danno.

In secondo luogo, mentre il risarcimento mira a ripristinare la situazione precedente al danno, l'indennizzo ha una funzione riparatoria che non è necessariamente legata all'entità del pregiudizio.

Quando è previsto l'indennizzo? Il codice civile, all'articolo 2045, stabilisce che se un individuo compie un'azione dannosa per salvare se stesso o altri da un grave e inevitabile danno, il danneggiato ha diritto a un indennizzo a titolo di giusta compensazione, la cui quantità è determinata dal giudice.

Un altro caso in cui la legge prevede l'indennizzo riguarda l'espropriazione per pubblica utilità. In questo caso, il criterio per determinare l'ammontare dell'indennizzo è stabilito dalla legge.

Risarcimento del danno patrimoniale: cos'è e come funziona

Il danno patrimoniale riguarda la lesione di interessi finanziari ed economici. Può consistere sia in una perdita effettiva di beni o denaro (noto come "danno emergente"), sia nella mancata guadagni derivanti da un'azione dannosa (noto come "lucro cessante").

È importante distinguere tra la perdita generica e specifica della capacità di lavoro:

  • la perdita generica della capacità lavorativa riguarda le difficoltà a svolgere qualsiasi occupazione lavorativa, indipendentemente da specifiche qualifiche o condizioni.
  • la perdita specifica della capacità lavorativa si riferisce alle difficoltà nel continuare a svolgere un lavoro specifico, il che può comportare una perdita futura di reddito.

Danno emergente e lucro cessante: cosa sono?

Il danno emergente è un danno immediato che si verifica con la diminuzione del patrimonio causata dall'azione illecita. Include la perdita economica dovuta a un adempimento mancante, inesatto o ritardato, le spese sostenute per correggere errori nella prestazione, la temporanea impossibilità di godere di un bene e i danni alle persone o ai beni.

Il lucro cessante si riferisce al mancato guadagno finanziario dovuto a un'azione dannosa o all'inadempimento di un obbligo contrattuale. Riguarda un beneficio che il danneggiato non ha effettivamente ottenuto a causa del comportamento lesivo o dell'inadempimento. Può anche includere la perdita delle opportunità di guadagno.

La prova del lucro cessante richiede una dimostrazione rigorosa della sua esistenza concreta, basata su prove oggettive e con un grado di probabilità elevata.

Come funziona il risarcimento del danno non patrimoniale?

La sentenza numero 9283/2014 della Corte di Cassazione offre una chiara definizione del danno non patrimoniale inflitto a una persona:

"Il concetto di danno non finanziario riguarda situazioni in cui vengono lesi gli interessi personali di un individuo, senza alcuna rilevanza economica o valore di scambio, e assume una natura composita. Si articola in una serie di aspetti (o categorie) con funzione puramente descrittiva (come il danno alla vita sociale, il danno esistenziale, il danno biologico, ecc.). Quando queste categorie si verificano contemporaneamente, è necessario tenerne conto in modo unificato durante il processo di calcolo del risarcimento, al fine di evitare duplicazioni dei compensi. Tuttavia, il giudice ha l'obbligo di considerare tutte le specifiche modalità con cui si manifesta il danno non finanziario in ogni caso specifico, personalizzando così la determinazione del risarcimento" (Cassazione numero 21716/2013; numero 1361/2014; S.U. numero 26972/2008).

In base a una interpretazione orientata costituzionalmente dell'articolo 2059 del Codice Civile, il danno non patrimoniale costituisce una categoria ampia, che include non solo il cosiddetto danno morale, ma anche qualsiasi situazione in cui si verifichi un'ingiusta lesione di un valore intrinseco della persona.

Tuttavia, questa lesione deve superare una soglia minima di tollerabilità (richiedendo che la vittima tolleri intrusioni minime nella sua sfera personale, come previsto dall'articolo 2 della Costituzione). Inoltre, il danno non deve essere futile e non può consistere in semplici disagi o fastidi (Cassazione numero 26972/2008; numero 4053/2009). Questo tipo di danno deve essere risarcito non solo nei casi previsti dalla legge ordinaria, ma anche quando viene leso un interesse protetto dalla Costituzione, a cui deve essere garantita una compensazione minima (Cassazione numero 15022/2005).

Comprende quindi categorie come il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale. Questi ultimi due non sono categorie autonome e separate, ma richiedono un'analisi separata per una corretta identificazione.

Il danno biologico: cos'è e come si calcola

La definizione di danno biologico o danni alla salute si trova nel paragrafo 2 dell'articolo 139 del Codice delle assicurazioni private (modificato dalla legge numero 2085/2015). Questa disposizione si applica a tutte le situazioni in cui una persona subisce danni alla salute a causa di un comportamento illecito altrui, anche se si tratta di lesioni lievi (non superiori al 9% di invalidità) causate da incidenti stradali.

La norma definisce il danno biologico come:

"La lesione temporanea o permanente dell'integrità psicofisica di una persona, che può essere accertata tramite valutazione medico-legale, e che influisce sulla sua vita quotidiana e sulle dinamiche delle relazioni personali, indipendentemente dalle eventuali ripercussioni sulla sua capacità di guadagnare."

Valutazione e liquidazione del danno biologico: come funziona?

I criteri per la liquidazione del danno biologico variano a seconda della gravità delle lesioni. Le lesioni più gravi, con un grado di invalidità superiore al 9%, vengono valutate in base alle tabelle stabilite dal Tribunale di Milano, che sono valide in tutto il territorio nazionale.

Nel rispetto del principio di personalizzazione del danno, la recente sentenza della Corte di Cassazione civile, Sezione III, numero 7766 del 20 aprile 2016, ha previsto che, in caso di lesioni causate da incidenti stradali, il risarcimento del danno biologico può essere aumentato fino al 30% rispetto a quanto previsto dalle norme standard di risarcimento.

Il calcolo basato sulle tabelle di Milano si basa sulla percentuale di invalidità riconosciuta e sull'età della vittima. Inoltre, l'importo dovuto deve essere calcolato in modo equo, tenendo conto della personalizzazione (articoli 1226 e 2056 del Codice Civile).

Le Tabelle di Milano sono quindi un documento che riporta la media degli importi stabiliti dal Tribunale di Milano e consente una valutazione equa del danno non finanziario, adattata alle circostanze specifiche del caso.

Il danno esistenziale: cos'è e come si calcola?

Il danno esistenziale, noto anche come danno alla vita di relazione e ai valori dell'esistenza del danneggiato, si differenzia dal danno morale perché è concreto e visibile dall'esterno. Comporta la perdita della capacità di svolgere attività quotidiane.

Come precedentemente menzionato, la sentenza numero 336 del 13 gennaio 2016 della Cassazione ha escluso la sua autonomia risarcitoria, affermando che non è ammissibile come categoria separata. Questo perché eventuali pregiudizi derivanti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale o da reati sono già risarcibili in base all'articolo 2059 del Codice Civile, interpretato in conformità alla Costituzione. Quindi, la liquidazione di un ulteriore danno esistenziale comporterebbe una duplicazione dei risarcimenti. Se il "danno esistenziale" includerebbe pregiudizi che non lesioni diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe completamente illegittima, poiché tali pregiudizi non sono risarcibili, ai sensi dell'articolo 2059 del Codice Civile (Cassazione 11 novembre 2008 numero 26972).

Valutazione e liquidazione del danno esistenziale: come funziona?

Come già accennato, quando una persona subisce lesioni gravi che compromettono significativamente la sua vita relazionale e sociale, ha diritto al risarcimento del danno esistenziale, che viene valutato in modo equo (sentenza della Cassazione numero 19963 del 2013).

Tuttavia, questo tipo di pregiudizio non può essere determinato attraverso una perizia medico-legale e non può essere quantificato in base a valori percentuali, come nel caso dell'invalidità permanente. Pertanto, spetta alla vittima dimostrare in modo tangibile e oggettivamente verificabile il pregiudizio subito. Successivamente, data la natura soggettiva del danno e l'assenza di una normativa uniforme, il giudice deve analizzare il caso caso per caso e determinare se esiste un danno esistenziale e la sua entità.

La Cassazione, nella sentenza numero 7513 del 2018, ha ribadito che il danno non finanziario, anche se non è il risultato di una lesione fisica, deve comunque essere risarcito quando lesiona altri interessi e valori protetti dalla Costituzione, ma solo dopo un'attenta e approfondita istruttoria.

Il danno morale: cos'è e come funziona?

Il danno morale consiste nella sofferenza interiore soggettiva e, come tale, rientra nella categoria del danno non finanziario.

Inizialmente, il danno morale era riconosciuto solo in favore delle vittime di reati penali. Nel tempo, la Cassazione ha eliminato questo vincolo.

Le Sezioni Unite della Cassazione definiscono il danno morale come:

"La sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra il pregiudizio non finanziario. Deve trattarsi di un turbamento dell'anima, di un dolore sofferto, che non abbia generato degenerazioni patologiche della sofferenza."

Valutazione e calcolo del danno morale

Il calcolo del danno morale varia a seconda se è collegato o meno a un danno biologico. Infatti, quando c'è un danno biologico superiore al 3%, il danno morale di solito viene risarcito automaticamente.

Quando non è presente una lesione fisica, la vittima deve fornire prove concrete e certe del danno morale subito. Per determinare l'entità del danno, il giudice solitamente utilizza il criterio dell'"equità", stabilendo una somma che, secondo il proprio giudizio, è congrua.

Sulla questione della personalizzazione del danno, la Corte di Cassazione Civile, Sezione III, si è espressa nella sentenza numero 5691 del 23 marzo 2016. In tale occasione, la Corte ha chiarito che la quantificazione dei danni morali come frazione del danno biologico non esclude la possibilità di una valutazione superiore a quanto previsto dalle Tabelle del Tribunale di Milano.

Danno tanatologico: cos'è e come funziona

Il danno tanatologico è il danno causato dalla sofferenza subita dal defunto prima di morire a causa di lesioni fisiche derivanti da un'azione illecita di terzi.

Si tratta di un danno non patrimoniale (in base all'articolo 2059 del Codice Civile) che alcuni giuristi richiedono di riconoscere. Tuttavia, questa categoria di pregiudizio non è universalmente accettata nel suo principio costitutivo e nei suoi effetti civili, soprattutto per quanto riguarda il risarcimento.

Il danno tanatologico consiste nella perdita del bene vita, che è autonomo e diverso dal bene salute. Si può parlare di danno tanatologico solo se la morte avviene senza un apprezzabile lasso di tempo tra la lesione e la morte stessa. In tal caso, si presume che la morte sia il risultato esclusivo della lesione subita, escludendo altre possibili cause.

Risarcimento del danno ai superstiti: come funziona?

I superstiti del defunto che è deceduto a seguito di lesioni possono agire in giudizio non solo per i danni subiti direttamente, ma anche in base al diritto di eredità. Per danni subiti direttamente si intendono quelli patiti dalla vittima in vita e poi trasmessi agli eredi con la sua morte.

Gli eredi legittimi del defunto hanno diritto al risarcimento integrale dei danni, che comprende sia i danni patrimoniali che quelli non patrimoniali, oltre ai danni subiti direttamente.

Il risarcimento integrale del danno: come funziona?

Le vittime di esposizione a sostanze dannose per la salute, come il radon, l'uranio impoverito, i vaccini e l'amianto, nel corso del loro lavoro, hanno diritto al risarcimento integrale dei danni subiti. Con "risarcimento integrale" si intende il compenso sia per i danni patrimoniali che per quelli non patrimoniali, calcolato come descritto in questa guida.

Anche i lavoratori che subiscono il mobbing possono ottenere un risarcimento dei danni. In questi casi, l'obbligo di risarcimento è imposto dall'articolo 2087 del Codice Civile, come confermato dalla giurisprudenza. Lo stesso vale per le vittime di responsabilità medica e della violenza di genere.

L'Avv. Ezio Bonanni e il suo team di esperti offrono assistenza legale e sanitaria gratuita a tutte le vittime di un illecito civile. In partiolare garantiscono la tutela legale e l'assistenza sanitaria gratuite per tutte le vittime esposte a sostanze dannose per la salute, come l'amianto. Le vittime dell'amianto hanno diritto al risarcimento integrale dei danni, compresi i danni patrimoniali e non patrimoniali.

La tutela delle vittime del dovere riguarda anche tutti i dipendenti pubblici e appartenenti alle Forze Armate e al Comparto Sicurezza. Questi soggetti possono ottenere il riconoscimento di causa di servizio e malattia professionale, benefici previdenziali e il risarcimento integrale dei danni.

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