In questa pagina facciamo chiarezza sul diritto a ottenere l'indennità di accompagnamento per malati psichici, con disturbi mentali e cognitivi. In quali casi è possibile ottenerla?
Anche per i malati psichici infatti è prevista la possibilità di ottenere l'indennità di accompagnamento.
Sappiamo che l’Inps riconosce l’indennità di accompagnamento solo agli invalidi civili che siano impossibilitati a deambulare da soli, senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o che siano incapaci di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua. Ma cosa si intende nel dettaglio per atti quotidiani? Per quali disturbi psicologici è possibile ottenere l'indennità?
La Corte di Cassazione ha fornito a più riprese dei chiarimenti in materia.
Vediamo prima di tutto quali sono nel dettaglio i requisiti per ottenere l'indennità di accompagnamento:
Hanno diritto all’indennità di accompagnamento gli invalidi civili che hanno ottenuto il riconoscimento di una invalidità totale e permanente del 100% e che:
Ma cosa sono gli "atti di vita quotidiana" che il malato psichico non deve essere in grado di compiere per avere diritto all'accompagnamento?
Secondo una circolare del ministero del Tesoro, per «atti quotidiani della vita» deve intendersi l’insieme di azioni elementari che espleta quotidianamente un soggetto normale della stessa età e che rendono il minorato incapace di compierle e bisognevole di assistenza.
L'invalido deve quindi non essere in grado di:
Secondo la Cassazione, l’indennità di accompagnamento spetta anche al malato psichico che sia in grado di camminare, mangiare e lavarsi da solo, ma non ha la capacità di organizzarsi autonomamente per la sopravvivenza. Potrebbe essere il caso di chi è anoressico quando la patologia raggiunge i gradi più gravi.
Secondo la Cassazione, l’accompagnamento non spetta:
Al contrario, l’accompagno spetta se, nella giornata, l’assistenza è richiesta ogni qual volta la persona debba compiere una determinata attività quotidiana, inattuabile dall’invalido senza aiuto.
L’accompagnamento spetta, inoltre, se l’interessato è affetto da una psicosi cronica che si manifesta con allucinazioni e delirio.
Con sentenza n. 24980 del 19 agosto 2022, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti in relazione ai presupposti per ottenere l'indennità di accompagnamento:
"ai fini della valutazione dei requisiti di cui alla L. 2 febbraio 1990, n. 18, art. 1, non rilevano episodici contesti, ma è richiesta la verifica della loro inerenza costante al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, ovvero della necessità di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana"
La Suprema Corte (da ultimo con Cass. 11432 del 2017) ha in più occasioni ribadito che l'indennità di accompagnamento va riconosciuta anche in favore di coloro i quali, pur essendo materialmente capaci di compiere gli atti elementari della vita quotidiana (quali nutrirsi, vestirsi, provvedere alla pulizia personale, assumere con corretta posologia le medicine prescritte) necessitino della presenza costante di un accompagnatore .
Questo in quanto, in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva, cognitiva o volitiva dovuti a forme avanzate di gravi stati patologici, o a gravi carenze intellettive, non siano in grado di determinarsi autonomamente al compimento di tali atti nei tempi dovuti e con modi appropriati per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sé o gli altri.
Secondo la Cassazione la capacità dell'assistito di compiere gli elementari atti giornalieri deve intendersi non solo in senso fisico, cioè come mera idoneità ad eseguire in senso materiale detti atti, ma come capacità di intenderne il significato, portata ed importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica. In altre parole, l'incapacità richiesta per il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento non va tanto rapportata al numero degli elementari atti giornalieri che il richiedente può compiere, quanto alla possibilità che egli ne comprenda la portata e le loro ricadute, con particolare riferimento alla "salvaguardia della sua dignità come persona".
Ad esempio, è stato riconosciuto il diritto all'indennità di accompagnamento:
Il fatto di avere la pensione di inabilità e di essere stati interdetti, e perciò seguiti da un tutore, non dà automaticamente diritto all’accompagnamento se il richiedente è comunque in grado di attendere agli atti essenziali della vita quotidiana. Non basta quindi il semplice fatto che ci sia necessità di una persona eventualmente delegata a supervisionare talune attività limitata a un tempo minimo giornaliero.
Secondo i giudici della Corte di Cassazione «il presupposto legale dell’indennità di accompagnamento consiste non già nella mera difficoltà di compiere gli atti della vita quotidiana, bensì nell’impossibilità di por mano ad essi» per tutto l’arco della giornata e non solo in determinati momenti.
Lo scopo dell’assegno di accompagnamento infatti è di alleviare le sofferenze dei nuclei familiari con soggetti affetti da gravi infermità, i quali necessitano di un continuo controllo, al tempo stesso consentendo a quegli stessi soggetti di permanere all’interno della famiglia.