Appuntamento: Lunedi - Venerdi: 09–13, 15–19:30
avveziobonanni@gmail.com0773 663593
hello world!
Published: Febbraio 13, 2023

J&J e talco all’amianto: Corte respinge piano fallimentare 

J&J ha agito in “malafede”. Il verdetto della Corte d’Appello non lascia spazio alle interpretazioni. Inutile il tentativo di appellarsi al Capitolo 11.

J&J “polverizzata” dalla Corte d’Appello

Nel tentativo di aggirare i guai giudiziari derivati dalle migliaia di cause intentante per il suo talco contaminato all’amianto, J& J aveva fatto appello al Capitolo 11 o"Texas two-step”.

L’azienda è stata tuttavia “polverizzata” dall’impietoso verdetto della Corte d’Appello federale, che ha respinto il ricorso a tale espediente, sottolineando che il fallimento non è stato presentato in buona fede.

Il Capitolo 11: l’ultima spiaggia per i “furbetti”

Il Capitolo 11 è la principale norma fallimentare degli Stati Uniti. Consente alle imprese che la utilizzano una ristrutturazione a seguito della dichiarazione di fallimento.

In pratica le aziende si possono scorporare in più filiali, girando in questo modo tutte le passività a una di esse. Nel caso di Johnson & Johnson, la multinazionale aveva creato la LTL Management, sperando di farla franca.

J&J non demorde dopo l'esito della sentenza

In una nota del 6 febbraio, la società ha fatto sapere che farà appello per la sentenza del Terzo Circuito.

«LTL ha avviato questo processo in buona fede e il nostro obiettivo è sempre stato quello di risolvere equamente i reclami relativi al contenzioso sul talco dell’azienda».

Cosa accadrà se J&J perde in Appello?

Se ciò dovesse accadere, Johnson & Johnson dovrà affrontare più di 38.000 cause legali, intentate dalle consumatrici che hanno utilizzato il suo talco contaminato all’amianto. Ad esse si aggiungeranno oltre 400 richieste risarcitorie per chi ha contratto il mesotelioma.

«Potrebbero volerci un paio di mesi per iniziare quel processo», ha spiegato l'avvocato Lisa Busch, capo del dipartimento fallimentare (che si occupa di cause sull’amianto), della Weitz & Luxenberg.

Una strategia boomerang: le ragioni del verdetto

L’Appello ha respinto il ricorso sostenendo che possono accedere allo stesso solo le aziende che sono realmente in difficoltà finanziaria. E di certo questo non è il caso di Johnson & Johnson. Con un valore di oltre 400 miliardi di dollari, non gode certo di cattiva salute, al contrario dei suoi consumatori.

«Ciò che conta per accedere alla cassaforte del Codice Fallimentare è soddisfare gli scopi previsti», si legge nella sentenza del giudice Thomas Ambro. «Solo un debitore putativo in difficoltà finanziarie può farlo. LTL non lo era. Quindi respingiamo la sua richiesta».

J&J, facciamo chiarezza sulle dinamiche

Per capire la decisione del giudice Ambro, secondo cui l’azienda ha fatto ricorso al Capitolo 11 non certo in buona fede, basta dare uno sguardo alla cronologia degli eventi.

Nel 2021, la nota multinazionale della cosmesi aveva adottato la strategia di ristrutturazione prevista dalla legge federale, formando la filiale “satellite” LTL Management. 

La speranza era quella di aggirare ogni ostacolo e mantenere un “contenitore” solo per le sue passività. Fatalità, tre giorni dopo, LTL ha presentato istanza di fallimento. Il piano fallimentare prevedeva la creazione di un fondo fiduciario per gestire le cause di talco attuali e future, pari a circa 61 miliardi.

La società inizialmente aveva promesso che, creando LTL, avrebbe potuto erogare 2 miliardi di dollari, quale risarcimento per le vittime del talco contaminato.

Ed è su questo presupposto che è arrivato il verdetto della Corte. Il giudice ha sottolineato che un tale accordo di finanziamento è la prova provata” che LTL non era in difficoltà finanziarie.

«LTL ha un backstop (una rete di protezione) di finanziamento paragonabile a un bancomat travestito da contratto, cui può attingere per pagare le sue passività», ha scritto Ambro.

Ulteriori prove che inchiodano Johnson & Johnson 

Nel 2022, gli avvocati dei querelanti e il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti avevano citato in giudizio J&J, puntando il focus su come avrebbe cercato di aggirare la giustizia grazie alla “legge salva aziende”. 

In che modo? Sottolineando che durante il processo di fallimento della LTL, J&J aveva pagato miliardi di dollari agli azionisti per il riacquisto di azioni. Procedimento non autorizzato dalla legge federale, in quei casi di fallimento che coinvolgono passività di amianto.

Che cosa dice di preciso la sezione 534 (g)?

Interessante a questo punto capire cosa dice la sezione 534 (g). Uno dei suoi punti salienti riporta espressamente «se si può dimostrare che le potenziali passività future superano i potenziali profitti, si può ottenere una protezione 534(g)».

La multinazionale, e non è un caso isolato, hanno cercato di fare appello a ogni cavillo. Cosa che ha destato enorme preoccupazione.

«Se Johnson & Johnson può farla franca con questo fallimento, cosa impedisce a qualsiasi altra azienda in America di fare la stessa cosa?»

Questo l’interrogativo di Sean Janda, un avvocato che rappresenta una divisione del Dipartimento di Giustizia che sovrintende all'amministrazione dei casi di fallimento.

J&J sapeva dei pericoli dell’amianto

Ad aggravare la delicata posizione della multinazionale, una serie di documenti portati in tribunale, dai quale emerge che Johnson & Johnson conosceva i danni dell'amianto già dagli anni ‘50.

Ciononostante, non aveva effettuato controlli adeguati sul suo talco per bambini “Baby Powder”. 

Su un documento si legge ad esempio che nel 1956, J&J aveva chiesto al Battelle Memorial Institute (un laboratorio di ricerca), di analizzare i giacimenti di talco italiani. J&J aveva trovato del misterioso materiale abrasivo insieme alla sua polvere. Aveva pertanto chiesto spiegazioni agli esperti del laboratorio. 

Talco contaminato, di cosa si trattava? 

Inequivocabile la risposta: tremolite, un inosilicato, anfibolo appartenente alla famiglia dell’amianto. Utile precisare che il talco viene estratto in cave in cui è facile trovare l’amianto e questo può causare la pericolosa contaminazione. 

E in effetti, una nota aziendale del 1969 riconobbe che la tremolite si trovava comunemente nei depositi di talco e che era praticamente impossibile da eliminare. 

Johnson & Johnson tuttavia, in nome del Dio Denaro, non si fece scrupoli e invece di avvisare i consumatori o la Food and Drug Administration (FDA), continuò a produrre il talco per bambini.

Nel 2018, la FDA, dopo aver trovato tracce di amianto in una confezione della nota Baby Powder, sollecitò la multinazionale a rimuovere il prodotto. Cosa che è avvenuta solo nell’agosto 2022.

Ancora oggi J&J sostiene che i suoi prodotti siano sicuri e ha provveduto a sostituire il suo talco sta con l'amido di mais.

Cosa ne pensa l'ONA-Osservatorio Nazionale Amianto?

L’azione messa in campo dalla J&J eviterà danni futuri. Riguardo al passato, ognuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità e, come dimostrano i fatti, sono davvero tante.

Richiedi assistenza legale gratuita

ASSISTENZA LEGALE

Richiedi una consulenza all'Avv. Ezio Bonanni
Richiedi una consulenza