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La sentenza nel processo: cos'è, forma struttura ed effetti civili

In questa guida parliamo della sentenza: cos'è nel dettaglio, in quale fase del processo avviene, forma e struttura. Al di là della sua forma giuridica, rappresenta la verità giuridicamente accertata in un determinato contesto. Non è necessariamente la verità assoluta, ma quella che emerge da un procedimento regolato, fondato sul contraddittorio, sulla produzione delle prove e sulla razionalità dell’argomentazione.

È per questo che l’ordinamento prevede strumenti di controllo e revisione (appello, Cassazione, revocazione), ma riconosce anche un momento in cui la verità processuale deve stabilizzarsi: questo momento è il giudicato.

Comprendere il suo significato e il funzionamento è fondamentale per ogni operatore del diritto. Ma anche per chi, come cittadino, si trovi coinvolto in una causa: sapere come nasce, cosa contiene, cosa implica e cosa si può fare dopo significa poter esercitare i propri diritti con piena consapevolezza.

Cos'è la sentenza nel processo? Definizione ed effetti

La sentenza è l’atto con cui il giudice chiude una fase del processo e prende posizione sulla domanda che gli è stata sottoposta. È un momento cruciale perché rappresenta il punto in cui il sistema giuridico passa dall’ascolto e dalla raccolta delle prove alla pronuncia di una decisione vincolante per le parti.

In senso stretto, è un provvedimento giurisdizionale scritto e motivato, destinato a stabilire se la pretesa avanzata da una parte sia fondata o meno. In senso più ampio, è l’atto attraverso cui si compie l’essenza della giurisdizione: risolvere un conflitto, individuare una verità giuridicamente accettabile, affermare o negare una responsabilità.

Nel processo civile, regola rapporti tra soggetti privati; nel penale, afferma la responsabilità (o l’innocenza) dell’imputato rispetto a un reato. In entrambi i casi, la sentenza produce effetti immediati e spesso rilevanti, sia giuridici che concreti.

La sentenza nel processo penale: una risposta all’accusa

Nel processo penale, rappresenta l’esito formale della valutazione sull’accusa promossa dal pubblico ministero. È il momento in cui il giudice stabilisce se l’imputato debba essere considerato colpevole o innocente, sulla base delle prove emerse in dibattimento o nei riti alternativi.

Può avere diversi contenuti:

  • una condanna, se il giudice ritiene che l’imputato abbia commesso il reato contestato, oltre ogni ragionevole dubbio;
  • un’assoluzione, se le prove non sono sufficienti o se il fatto non sussiste, non costituisce reato o non è stato commesso dall’imputato;
  • una dichiarazione di non luogo a procedere, nei casi in cui, per motivi processuali o per l’intervento di una causa estintiva (prescrizione, morte dell’imputato), il processo non può essere portato a termine.

Nel dispositivo della sentenza penale devono essere sempre indicati il reato, la pena inflitta (se c’è condanna), le eventuali misure accessorie, la statuizione sulle spese e il risarcimento del danno se è stata costituita la parte civile.

La parte più importante, tuttavia, è la motivazione: è lì che il giudice espone le ragioni logico-giuridiche che lo hanno condotto alla sua decisione. Ogni sentenza penale deve essere motivata: una decisione priva di motivazione, o con motivazione apparente, può essere annullata in appello o in Cassazione.

La sentenza nel processo civile: decisione su diritti soggettivi

Nel processo civile, non accerta una responsabilità penale, ma stabilisce se un diritto soggettivo sia stato leso, negato o ingiustamente disatteso. Qui non si parla di imputati e pubblici ministeri, ma di attori e convenuti.

Il giudice civile, con la sentenza, può:

  • accogliere la domanda dell’attore, ordinando ad esempio il pagamento di una somma, il risarcimento di un danno, il rilascio di un immobile, l’annullamento di un contratto;
  • rigettare la domanda, se la ritiene infondata;
  • definire solo in parte la controversia, rimettendo il resto a una fase successiva o a un altro giudice.

Anche nel processo civile esistono sentenze che chiudono il procedimento per motivi formali, senza entrare nel merito. Sono le cosiddette sentenze di rito: ad esempio, quando manca la giurisdizione, il giudice è incompetente territorialmente, oppure la parte non è legittimata a proporre la domanda.

La sentenza civile è sempre motivata e deve indicare, anche qui, i presupposti logico-giuridici della decisione. Una motivazione sintetica è ammessa, ma non può essere assente o puramente apparente.

Forma e struttura della sentenza: un atto con una logica precisa

Sebbene il contenuto cambi a seconda del tipo di processo, la struttura è uniforme nei suoi elementi essenziali. Ogni sentenza comprende:

  1. L’intestazione, che identifica il giudice, il numero di ruolo del procedimento, le generalità delle parti.
  2. Lo svolgimento del processo, in cui si riepiloga lo stato della causa, le difese delle parti, le attività istruttorie compiute.
  3. La motivazione, che è il cuore dell’atto: qui il giudice espone in modo ragionato come ha ricostruito i fatti, quali prove ha ritenuto attendibili, e come ha applicato il diritto.
  4. Il dispositivo, ossia la parte conclusiva, dove si enunciano gli effetti concreti della sentenza: “condanna”, “assolve”, “rigetta”, “accoglie”, “dichiara”, ecc.

In alcune sentenze la motivazione è scritta prima del dispositivo, in altre dopo: ciò dipende dal tipo di processo e dalle prassi del giudice.

Sentenza definitiva e impugnabile: il ruolo del giudicato

Una sentenza diventa definitiva quando non è più possibile impugnarla con gli strumenti ordinari (appello o ricorso per cassazione). Questo accade quando:

  • scadono i termini per l’impugnazione senza che nessuna parte vi abbia provveduto;
  • l’impugnazione è stata proposta ma è stata rigettata.

Nel penale, quella definitiva ha effetti molto forti: una condanna definitiva comporta l’iscrizione nel casellario, l’esecuzione della pena e talvolta misure accessorie (interdizione, decadenze, sanzioni civili). Nel civile, la definitiva fa stato tra le parti: stabilisce in modo irrevocabile chi ha ragione e chi torto, e consente l’esecuzione forzata.

La sentenza può anche essere provvisoriamente esecutiva, cioè immediatamente applicabile pur se impugnabile. Questo succede spesso nel civile: chi vince può iniziare a recuperare somme o ottenere l’esecuzione dell’ordine giudiziale già in primo grado.

Effetti civili della sentenza penale

Nel nostro ordinamento, una sentenza penale definitiva può avere effetti oltre il processo penale, in particolare nel campo del risarcimento del danno. Se, ad esempio, un soggetto è stato condannato in sede penale per lesioni colpose, il danneggiato può usare quella sentenza in sede civile come prova dell’illecito.

In alcune ipotesi, la sentenza penale fa stato nel giudizio civile anche tra soggetti diversi, secondo quanto stabilito dagli articoli 651, 652 e 654 del codice di procedura penale. La condanna penale ha quindi una forza dimostrativa rafforzata, che può rendere più semplice ottenere un risarcimento o far valere altri diritti in sede civile.

Dopo la sentenza: impugnazioni e adempimenti

Una volta pronunciata può essere:

  • notificata alle parti, se è stata emessa in loro assenza;
  • impugnata, entro i termini previsti dalla legge (di norma 30 giorni nel penale, 30 o 60 nel civile);
  • eseguita, se è provvisoriamente o definitivamente esecutiva.

Nel penale, se la sentenza è di condanna, l’esecuzione può comportare la detenzione, la sospensione della patente, l’iscrizione nei registri penali. Nel civile, chi ha ottenuto una condanna al pagamento può procedere con precetti, pignoramenti, sfratti.

Chi impugna deve farlo con atto motivato, indicando i punti della sentenza che si ritengono errati. L’impugnazione sospende in alcuni casi l’esecuzione, in altri no. Tutto dipende dal tipo di sentenza e dalla disciplina specifica.

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