LO STRESS LAVORO-CORRELATO E IL BURNOUT SONO TRA LE MALATTIE PROFESSIONALI PIÙ IN CRESCITA IN ITALIA. COLPISCONO CHI È ESPOSTO A CARICHI ECCESSIVI, ORGANIZZAZIONI DISFUNZIONALI E MANCANZA DI RECUPERO. IL DATORE DI LAVORO DEVE VALUTARE E PREVENIRE QUESTI RISCHI, MENTRE IL LAVORATORE PUÒ CHIEDERE TUTELA INAIL E RISARCIMENTO PER DANNO BIOLOGICO E PSICOLOGICO.
Lo stress lavoro-correlato è una condizione psicofisica che si sviluppa quando le richieste dell’ambiente di lavoro superano le capacità del lavoratore di affrontarle. Non è una semplice tensione passeggera, ma un disturbo riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e recepito nel diritto italiano come rischio professionale da valutare obbligatoriamente. I sintomi possono essere fisici (tachicardia, insonnia, stanchezza cronica), cognitivi (difficoltà di concentrazione, ridotta memoria) ed emotivi (ansia, irritabilità, senso di inefficacia).
Questo tipo di stress si genera quando la pressione temporale, la mancanza di controllo sull’organizzazione, i conflitti con colleghi o superiori, o l’ambiguità dei ruoli diventano cronici. L’assenza di un adeguato supporto organizzativo amplifica la percezione di isolamento e di impotenza, portando nei casi più gravi al burnout, una sindrome vera e propria caratterizzata da esaurimento emotivo, distacco cinico e perdita di motivazione professionale.
Il burnout non è una semplice stanchezza, ma una condizione clinica riconosciuta anche dall’OMS nell’ultima classificazione ICD-11 come sindrome derivante da stress cronico sul lavoro non gestito con successo. Colpisce in particolare professioni ad alta esposizione emotiva — come medici, infermieri, insegnanti, assistenti sociali — ma può riguardare ogni categoria lavorativa.
Chi ne soffre sperimenta esaurimento, calo di produttività, disinteresse verso il lavoro e sensazione di “svuotamento”. Possono emergere disturbi dell’umore, ansia, depressione e somatizzazioni. Sul piano lavorativo, il burnout si traduce in assenze, infortuni e calo della qualità dei servizi. Quando la condizione è grave e documentata, può configurarsi come malattia professionale riconosciuta dall’INAIL, dando diritto a prestazioni economiche e assistenziali.
Il riconoscimento non è automatico, ma richiede la prova di un nesso tra l’attività svolta e la sindrome diagnosticata. L’Istituto considera l’ambiente lavorativo, la durata dell’esposizione, le condizioni organizzative e le evidenze sanitarie, spesso basandosi su perizie medico-legali e relazioni specialistiche.
La normativa di riferimento è il D.Lgs. 81/2008, che all’articolo 28 impone al datore di lavoro di valutare tutti i rischi, inclusi quelli collegati allo stress lavoro-correlato. Il Decreto Legislativo n. 81/2008 e l’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 hanno sancito che lo stress non è solo un problema personale, ma una questione organizzativa che rientra a pieno titolo nella prevenzione aziendale.
La giurisprudenza italiana ha più volte ribadito che il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 del Codice Civile, è tenuto a garantire condizioni di lavoro tali da preservare la salute fisica e mentale dei dipendenti. Non basta rispettare le regole formali: occorre una valutazione concreta dei carichi, delle turnazioni, delle relazioni interne e dei sistemi premianti. La Corte di Cassazione ha affermato che l’omessa valutazione del rischio stress configura colpa datoriale e può giustificare il risarcimento del danno biologico e morale al lavoratore.
La valutazione del rischio stress lavoro-correlato non può essere improvvisata. Deve seguire le linee guida dell’INAIL, che prevedono un approccio in due fasi: valutazione preliminare e valutazione approfondita. La prima analizza indicatori oggettivi, come assenze, turnover, infortuni, segnalazioni e reclami. Se emergono criticità, si passa alla fase approfondita, che utilizza questionari anonimi, interviste e focus group per esplorare percezioni e clima organizzativo.
Il datore di lavoro deve coinvolgere il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), il medico competente e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. È fondamentale documentare le azioni correttive adottate, aggiornare periodicamente la valutazione e comunicare ai dipendenti i risultati e le misure preventive. Una valutazione carente o solo formale non tutela l’azienda da responsabilità.
La prevenzione del burnout e dello stress non può limitarsi a protocolli cartacei. Richiede una cultura organizzativa sana, che promuova partecipazione, riconoscimento e comunicazione trasparente. La formazione dei dirigenti e dei preposti è decisiva: devono imparare a riconoscere i segnali precoci di stress, gestire i conflitti e supportare i lavoratori in difficoltà.
Le aziende più evolute implementano programmi di benessere aziendale, momenti di confronto periodico, sportelli di ascolto e percorsi di counseling psicologico. Anche la gestione dei carichi e delle pause, la chiarezza degli obiettivi e la valorizzazione delle competenze sono strumenti efficaci di prevenzione.
Il medico competente può proporre monitoraggi sanitari mirati e, nei casi più gravi, suggerire idoneità con limitazioni o periodi di recupero. In molti contesti, l’introduzione di una leadership empatica e di una comunicazione costante tra direzione e dipendenti ha ridotto in modo significativo i casi di stress patologico.
Lo stress lavoro-correlato e il burnout possono essere riconosciuti come malattie professionali non tabellate, ossia patologie la cui origine lavorativa deve essere provata caso per caso. L’INAIL valuta le segnalazioni mediche e, se il nesso causale è plausibile, eroga prestazioni economiche per inabilità temporanea o permanente.
Tra le categorie più a rischio riconosciute figurano medici, infermieri, insegnanti, operatori sociali e forze dell’ordine. Tuttavia, la giurisprudenza ha esteso il riconoscimento anche a manager e impiegati sottoposti a mobbing organizzativo o a sovraccarichi cronici. La diagnosi deve provenire da specialisti in psichiatria o psicologia clinica, e l’origine lavorativa deve essere sostenuta da documentazione oggettiva: turni, mail, testimonianze, relazioni sindacali.
Una volta accertata la malattia, il lavoratore può ricevere indennizzi INAIL e, se la condotta datoriale è dolosa o gravemente colposa, può promuovere un’azione civile per il danno differenziale, ossia la parte di danno non coperta dall’assicurazione obbligatoria.
Il datore di lavoro che non valuta o non previene il rischio stress può essere ritenuto responsabile civilmente e penalmente. L’omissione rientra tra le violazioni prevenzionistiche del D.Lgs. 81/2008 e, in caso di danno, può configurare i reati di lesioni personali colpose o, nei casi più gravi, omicidio colposo.
Sul piano civile, il lavoratore può chiedere il risarcimento del danno biologico e morale, mentre l’INAIL può esercitare l’azione di regresso per recuperare le somme erogate. Se l’azienda è priva di un modello organizzativo efficace, può essere coinvolta anche ai sensi del D.Lgs. 231/2001 per responsabilità amministrativa dell’ente, poiché lo stress patologico rientra tra gli eventi lesivi della persona tutelati penalmente.
La difesa del datore di lavoro passa solo attraverso la prova di aver attuato una valutazione completa, informato i lavoratori, formato dirigenti e preposti, e adottato misure concrete per ridurre il rischio.
| Aspetto | Obblighi o tutele | Riferimento normativo |
|---|---|---|
| Valutazione rischio stress | Obbligo per tutte le aziende | D.Lgs. 81/2008, art. 28 |
| Prevenzione e formazione | Informazione, corsi e misure organizzative | Art. 37 D.Lgs. 81/2008 |
| Responsabilità datoriale | Obbligo di garantire salute fisica e psichica | Art. 2087 c.c. |
| Riconoscimento INAIL | Possibile per stress e burnout professionali | D.M. 9 aprile 2008 e circolari INAIL |
| Diritto al risarcimento | Azione civile per danno differenziale | Cass. civ., sez. lav., n. 17913/2021 |
| Responsabilità dell’ente | Possibile sanzione ex D.Lgs. 231/2001 | Art. 25-septies |
L’INAIL ha progressivamente ampliato la tutela per le patologie da stress, riconoscendole come conseguenza di fattori organizzativi lesivi. Le commissioni medico-legali valutano il nesso causale tra condizioni di lavoro e patologia, basandosi su anamnesi, durata dell’esposizione, caratteristiche del contesto e documentazione sanitaria.
Il riconoscimento può condurre a un’indennità temporanea per inabilità, a una rendita per danno permanente o, nei casi più gravi, al riconoscimento di malattia professionale invalidante. La difficoltà principale resta la prova del nesso diretto, ma i giudici tendono a valorizzare le evidenze organizzative, come turnazioni estenuanti o carichi cronici documentati.
Lo stress non è solo un rischio da eliminare, ma un indicatore della qualità del lavoro. Le aziende che investono nel benessere organizzativo riducono assenteismo, turnover e conflittualità. La sicurezza psicologica diventa una forma di produttività sostenibile: un ambiente sereno favorisce collaborazione, innovazione e fiducia.
La prevenzione del burnout richiede un approccio integrato, che unisca medicina del lavoro, psicologia, management e diritto. Non è solo un dovere legale, ma una responsabilità sociale.
Lo stress e il burnout rappresentano oggi la frontiera più delicata della sicurezza sul lavoro. Le norme esistono, ma la loro efficacia dipende dalla cultura organizzativa. La salute mentale non è più un tema privato: è parte integrante del diritto alla sicurezza e alla dignità del lavoratore.
Il datore di lavoro deve passare da un approccio difensivo a uno proattivo, in cui la prevenzione del disagio diventa investimento strategico. Solo un’organizzazione che riconosce e gestisce il rischio psicologico può dirsi veramente sicura.
Lo stress può essere considerato una malattia professionale? Sì, se deriva da condizioni di lavoro documentate e si manifesta con sintomi clinici accertati.
Il burnout è tabellato dall’INAIL? No, ma può essere riconosciuto come malattia professionale non tabellata, previa prova del nesso causale.
Chi deve valutare il rischio stress? Il datore di lavoro, con il supporto di RSPP, medico competente e rappresentanti dei lavoratori.
Posso chiedere un risarcimento se il mio stress dipende dal lavoro? Sì, se dimostri che il datore di lavoro ha omesso misure preventive o ha creato condizioni patologiche.
Cosa deve fare l’azienda per prevenire il burnout? Formare dirigenti e lavoratori, monitorare carichi, prevedere pause e garantire equilibrio vita-lavoro.
Il rischio stress vale anche per lo smart working? Sì, la valutazione deve includere i rischi psicosociali legati all’isolamento e alla reperibilità continua.