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Cassazione Civile, Sez. Lav., 3 marzo 2023, n. 6497

La Corte di Cassazione, Sez. Lav., ordinanza n. 6497/2023 ha chiarito che nella categoria delle vittime del dovere ex art. 1, comma 564, della l. n. 266 del 2005 rientrano anche i militari di leva, poiché alla nozione di missione devono ricondursi tutti i compiti svolti dal personale militare per funzioni operative, addestrative, logistiche sui mezzi o nell'ambito di strutture, stabilimenti e siti militari e il presupposto dei benefici si rinviene nell'esposizione ad un rischio specifico derivante dallo svolgimento degli ordinari compiti d'istituto, tra i quali può annoverarsi la sottoposizione ad obblighi vaccinali qualora le concrete modalità della loro somministrazione non risultino conformi ai protocolli riconosciuti e possano trasformare o aggravare il rischio normalmente connesso a tale pratica.

Cass. Civ., Sez. Lav., 03.03.2023, Ordinanza 6497

Sul ricorso iscritto al n. 29339/2018 R.G. proposto da: A.A., B.B., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall'avvocato Andrea Bava.

Ricorrenti
contro Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, Ministero dell'Interno, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dell'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi 12.

Controricorrenti
avverso la sentenza n. 568/2018 della Corte D'Appello di Bologna depositata il 20/07/2018
R.G.N. 405/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2023 dal Consigliere Dott. Daniela
Calafiore.

Svolgimento del processo

Rilevato che

La Corte d’appello di Bologna, a conferma della sentenza del Tribunale di Ferrara, ha rigettato il ricorso di R.F. e S.P., genitori superstiti di F.F., militare di leva congedato nel luglio 2001 deceduto a seguito di linfoma non Hodgkin al IV stadio diagnosticato a novembre dello stesso anno, i quali avevano convenuto in giudizio il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno chiedendo il riconoscimento del diritto del figlio ad essere riconosciuto “vittima del dovere” ex art. 1904 d.lgs. 66/2010 e ad essere inserito nell’apposita graduatoria cronologica, con consequenziale riconoscimento ai genitori a fruire dei previsti benefici assistenziali;

i ricorrenti avevano sostenuto che la malattia che aveva determinato il decesso del giovane fosse connessa alle vaccinazioni ripetute e ravvicinate cui il militare era stato sottoposto durante il servizio militare e che integravano le <particolari condizioni ambientali od operative di missione richieste>;

la Corte territoriale ha rigettato l’impugnazione affermando che non ricorrevano i presupposti della “missione di qualunque natura” e delle “particolari condizioni ambientali od operative” previsti dall’art. 1, comma 564, l. n. 266 del 2005, senza quindi neanche prendere in considerazione le circostanze fatte valere dagli appellanti (somministrazione anomala dei vaccini al militare di leva F. e falsa attestazione da parte del medico del reparto di visite e dati inerenti alle vaccinazioni) ed accertate in sede penale;

la sentenza ha richiamato precedenti di questa Corte di cassazione ritenuti pertinenti ed ha concluso che gli stessi avessero posto il principio secondo cui per < missione di qualunque natura> si devono intendere i compiti e le operazioni di istituto e quindi i compiti e le operazioni militari con la conseguenza che, in tale concetto, non potrebbe mai collocarsi la somministrazione dei vaccini, che non attiene ai compiti ed alle operazioni di istituto del Ministero della Difesa e non aggrava il rischio ordinario gravante sul soldato in ragione dell’espletamento del servizio militare; ciò anche considerando le circostanze emerse in ordine alle modalità di somministrazione dei vaccini e la responsabilità del medico che avrebbero potuto fondare la responsabilità civile dell’amministrazione a fini risarcitori; la cassazione della sentenza è domandata dai familiari superstiti del militare deceduto, sulla base di un motivo relativo alla affermata violazione dell’art. 1, comma 564, l. n. 266 del 2005, in rapporto alla nozione di “missione di qualunque natura”;

i Ministeri hanno resistito con tempestivo controricorso;

i ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1, c.p.c.;

Motivi della decisione

Considerato che il motivo è fondato;

la questione posta dal motivo di ricorso inerisce alla delimitazione della nozione di “missione di qualunque natura” e delle “condizioni ambientali e operative”, richieste dall’art. 1, comma 564, della l. n. 266 del 2005, tali da concretizzare quel rischio che giustifica il riconoscimento della qualifica di soggetto equiparato a vittima del dovere in capo al soggetto interessato(nel caso di specie, militare di leva soggetto ad un numero notevole di vaccinazioni obbligatorie in breve arco temporale ed in contesto in cui risultino accertati in sede penale la falsa redazione di attestati da parte del medico del reparto medico militare);

in particolare, si tratta di stabilire se – contrariamente all’avviso della sentenza impugnata – possa includersi in tali ambiti l’obbligo imposto al militare di leva di sottoporsi alle vaccinazioni, là dove le concrete modalità di somministrazione, per le peculiarità negative ed eccezionali assunte, trasformino ed aggravino il rischio normalmente sotteso all’attività ordinaria del militare di leva che comprende anche quella < passiva> di sottoporsi ai vaccini obbligatori;

in senso più ampio, va ricordato che (in tal senso da ultimo Cass. n. 3510 del 2020) in tema di benefici in favore delle vittime del dovere, il D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, comma 1, che disciplina i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze, deve essere interpretato in modo da non esorbitare i limiti indicati dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, che non demanda alla fonte regolamentare anche il compito di precisare i concetti di cui allo stesso articolo, comma 564, pertanto, per circostanze straordinarie devono essere intese, secondo il significato indicato dalla legge, condizioni ambientali ed operative “particolari” che si collocano al di fuori del modo di svolgimento dell’attività “generale”, per le quali è quindi sufficiente che non siano contemplate in caso di normale esecuzione di una determinata funzione.” (Così Cass. n. 15484 del 2017; anche Cass. 24592 del 2018);

questa Corte di legittimità ha poi chiarito che il giudice del merito deve identificare caso per caso le circostanze concrete alla base di quanto accaduto all’invalido per servizio che richieda il riconoscimento dei benefici previsti in favore delle vittime del dovere, evidenziando l’elemento che comporti l’esistenza o il sopravvenire del fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito (Cass. n. 21969 del 2017);

infine, si è pure precisato, con la recente sentenza n. 10631 del 2022, in fattispecie analoga relativa a militare che contrasse la meningite durante il periodo di leva, che nel concetto di “missione di qualunque natura” di cui alla L. n. 266 del 2005, ex art. 1, comma 564, e di cui al D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1 lett. b, va ricompreso anche il servizio di leva e che le “particolari condizioni ambientali e operative” in cui esso si svolge giungono fino a ricomprendere le condizioni ambientali di igiene e sicurezza; si è precisato che il punto dirimente non è costituito dal perimetro di tipizzazione delle attività che possono dar luogo al riconoscimento della qualifica di vittima del dovere, ossia all’ampiezza del concetto di missione;

al suo interno si collocano, infatti, tutti i compiti svolti dal personale militare resi per funzioni operative, addestrative, logistiche su mezzi o nell’ambito di strutture, stabilimenti e siti militari;

il nucleo fondante della misura assistenziale concerne la circostanza che la vittima, nell’impossibilità per il militare in servizio di leva obbligatorio di rivolgersi a strutture sanitarie alternative per sottoporsi alla somministrazione vaccinale, sia stata, di fatto, esposta obiettivamente ad un rischio specifico in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto;

nel caso di specie, i ricorrenti assumono che, per le concrete modalità di somministrazione dei vaccini, ripetute in un assai limitato lasso di tempo, in contesto di false attestazioni da parte del medico preposto, il loro figlio aveva corso un rischio non generico che in nessun modo può essergli imputato, e nemmeno è estraneo ad attività comprese nelle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto;

ll rilievo, se effettivamente provato, sarebbe sufficiente a configurare la sussistenza delle “particolari condizioni ambientali o operative” in capo al militare di leva in servizio obbligatorio, il cui decesso è dipeso dalla ragione obiettiva per cui, quella di rivolgersi alla struttura sanitaria militare costituiva una scelta necessitata;

come già affermato da questa Corte con la sentenza da ultimo citata, l’omissione di doveri cardine di igiene e sorveglianza sanitaria può concretizzare quel rischio specifico che giustifica il riconoscimento della qualifica dei ricorrenti quali familiari superstiti di soggetto equiparato a vittima del dovere e, quindi, non è corretta una interpretazione del dato normativo in esame che escluda aprioristicamente che ricorrano le particolari condizioni ambientali ed operative qualora l’evento lesivo sia legato alla impropria somministrazione dei vaccini a cui il militare è obbligatoriamente sottoposto;

dunque, la Corte territoriale, che ha negato a priori che la sottoposizione a cicli vaccinali non conformi ai protocolli comunemente riconosciuti possa integrare le cause specifiche e straordinarie in grado di modificare radicalmente le “condizioni ambientali e operative” del servizio, rendendole rischiose al punto tale da costituire un vulnus per vita stessa dei militari, ha interpretato in modo scorretto l’art. 1, comma 564, l. n. 266 del 2005;

è invece necessario procedere a tale accertamento, per poi trarne a seconda dell’esito, le necessarie conseguenze in termini di fondatezza o infondatezza della pretesa;

non può logicamente considerarsi come l’eventuale imperizia del medico preposto e la scarsa vigilanza degli organi superiori militari sull’operato dello stesso, giacché ciò, ferme restando le conseguenze di tali condotte negli altri ambiti dell’ordinamento, si porrebbe in collisione con il principio costituzionale di tutela della salute e sicurezza e priverebbe il militare di leva della tutela assistenziale prevista in suo favore dalla legge;

in definitiva, il ricorso va accolto;

la sentenza impugnata va cassata, e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, affinché esamini la fattispecie alla luce dei principi sopra enunciati e si pronunci anche sulla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

In considerazione dell’esito del giudizio, dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.

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