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Guerra in Afghanistan e assistenza legale ai militari

Le conseguenze per la salute dei militari italiani e dei contingenti stranieri che hanno partecipato alla Guerra in Afghanistan sono state gravi in molti casi. Queste patologie sono simili a quelle conosciute come Sindrome del Golfo e Sindrome di Balcani.

La causa delle malattie osservate dopo la guerra è stata confermata come l'inalazione e l'assorbimento di nanoparticelle prodotte dalla combustione ad altissima temperatura di bersagli metallici colpiti dai proiettili all'uranio impoverito utilizzati nelle operazioni militari.

In questa guida, esamineremo in dettaglio la protezione legale per il personale delle Forze Armate italiane che sono stati impegnati nelle missioni durante la Guerra in Afghanistan e che hanno contratto gravi malattie. Secondo la legge, questi dipendenti che hanno contratto una malattia nel corso del loro servizio devono ottenere lo status di vittime del dovere e beneficiare di una serie di vantaggi che verranno illustrati nel dettaglio.

L'ONA, l'Osservatorio Nazionale Amianto, e il suo Presidente, l'Avv. Ezio Bonanni, si sono dedicati per decenni all'assistenza legale di numerosi militari dell'Esercito e della Marina Militare Italiana che hanno contratto malattie causate dall'utilizzo di uranio impoverito. Gli effetti dell'inalazione dei metalli e delle radiazioni ionizzanti sono stati spesso aggravati da errori nel processo di vaccinazione.

In alcuni casi, le cause legali sono ancora in corso. Tuttavia, gli sforzi non si limitano alla tutela legale, ma continuano anche nell'informazione e nella sensibilizzazione attraverso conferenze e articoli su questo preoccupante problema che coinvolge lo Stato.

Esperienza bellica in Afghanistan: i momenti cruciali

La data d'inizio della guerra in Afghanistan risale al 7 ottobre 2001, quando l'azione militare iniziò con l'invasione da parte di gruppi afghani ostili dell'Alleanza del Nord ai territori controllati dai talebani. Durante questo periodo, gli Stati Uniti e la NATO fornirono un supporto tattico, aereo e logistico. Dopo la conquista di Kabul, le truppe occidentali, principalmente statunitensi e britanniche, aumentarono la loro presenza per sostenere il nuovo governo afghano nell'operazione conosciuta come Enduring Freedom.

L'amministrazione Bush giustificò l'invasione dell'Afghanistan come parte della lotta al terrorismo, in risposta agli attacchi dell'11 settembre 2001. L'obiettivo era distruggere al-Qaida e catturare o eliminare Osama bin Laden. Dieci anni dopo l'invasione, il 2 maggio 2011, le forze statunitensi condussero un'incursione ad Abbottabad, in Pakistan, vicino a Islamabad, uccidendo Osama bin Laden nel suo rifugio.

Dopo l'invasione dell'Iraq nel 2003, la guerra in Afghanistan perse importanza per l'amministrazione degli Stati Uniti, tornando al centro dell'attenzione solo nel 2009 durante l'amministrazione Obama. Nel 2015, l'Operazione Sostegno Risoluto prese il posto dell'Operazione ISAF della NATO, con l'obiettivo di continuare ad assistere il governo afghano con un numero ridotto di truppe, in un contesto caratterizzato da un aumento delle offensiva dei talebani.

A partire dal maggio 2021, iniziò il ritiro delle ultime truppe statunitensi e della coalizione NATO dall'Afghanistan. Durante questo ritiro, i talebani intensificarono gli attacchi in diverse aree del Paese, riconquistando il controllo della parte settentrionale. Il 15 agosto, i talebani entrarono nella capitale, Kabul. In seguito, il presidente afghano Ashraf Ghani fuggì inizialmente in Uzbekistan o Tagikistan e successivamente trovò rifugio negli Emirati Arabi Uniti.

L'uso di uranio impoverito nella guerra in Afghanistan

Durante la missione di pace "Enduring Freedom", le forze militari italiane impiegarono abbondantemente munizioni contenenti uranio impoverito. Oltre ai proiettili, furono utilizzate bombe ad alta penetrazione concepite per distruggere bunker in profondità, spesso dotate di testate contenenti uranio impoverito per ottenere maggiore peso e penetrazione. Anche le cosiddette "bombe intelligenti" potevano contenere testate di uranio impoverito. Durante l'operazione Enduring Freedom, sono state lanciate circa 12.000 bombe, di cui il 60% erano di tipo "intelligente".

L'impatto dei proiettili contenenti uranio impoverito sugli obiettivi provoca temperature superiori ai 3.000 °C, causando la nebulizzazione degli stessi.

Uranio Impoverito: un materiale controverso e i suoi effetti dannosi

L'uranio impoverito (UI) è una sostanza ottenuta attraverso il processo di arricchimento dell'Uranio naturale, in cui la concentrazione di Uranio-235 (U235) viene ridotta di circa due terzi. Caratterizzato da una densità elevata (19 g/cm3), l'UI è utilizzato per la penetrazione di corazzature.

Dal punto di vista chimico e metallurgico, l'UI è simile all'Uranio naturale e condivide gli stessi rischi in termini di tossicità chimica e radiologica. Negli Stati Uniti, ad esempio, l'UI è classificato come una sostanza che richiede specifiche autorizzazioni per il suo utilizzo.

L'autorizzazione generale permette l'uso e il trasporto di quantità limitate di UI, fino a un massimo di 150 libbre all'anno (68 kg). Per ottenere autorizzazioni specifiche, è necessario presentare una documentazione dettagliata sull'uso previsto della sostanza, nonché sulle misure di sicurezza e la preparazione del personale coinvolto.

Per una maggiore comprensione dell'argomento dell'Uranio Impoverito, è possibile fare riferimento al documento intitolato "Alcune Tesi e Fatti sull'Uranio Impoverito (DU), sul suo Uso nei Balcani, sulle Conseguenze sulla Salute di Militari e Popolazione" redatto dal Comitato di scienziate e scienziati contro la Guerra.

Gli Effetti Dannosi dell'Uranio Impoverito sulla Salute

Come accennato in precedenza, quando un proiettile contenente uranio impoverito colpisce un bersaglio come un bunker o un veicolo corazzato, l'esplosione ad alta temperatura rilascia nell'ambiente nanoparticelle di metalli pesanti, tra cui il piombo.

Secondo l'International Agency for Research on Cancer (IARC), il piombo è classificato come un possibile cancerogeno per l'uomo, con una comprovata tossicità che può causare danni biologici significativi (IARC nel volume 77). Se viene inalato può depositarsi nei polmoni e in altri organi, portando a diversi tipi di cancro.

Nei paesi maggiormente colpiti dall'uranio impoverito, si sono riscontrati numerosi casi di malattie del sistema ematopoietico e gastrointestinale tra militari e popolazione civile. Per approfondire gli effetti dell'Uranio Impoverito sulla salute, è possibile consultare il documento dell'Organizzazione Mondiale della Sanità intitolato "Depleted Uranium. Sources, exposures and health effects".

Le patologie più comuni riscontrate tra gli individui esposti includono danni renali, cancro ai polmoni, tumori ossei, carcinoma dell'esofago, problemi alla pelle, disturbi neurocognitivi, anomalie cromosomiche, sindromi da immunodeficienza, rare malattie renali e intestinali, malformazioni genetiche nei neonati, linfomi di Hodgkin e leucemie.

Un'analisi approfondita degli effetti dannosi sulla salute

Nel caso di contaminazione interna, i composti solubili di uranio (UVI) possono causare danni chimici ai tubuli convoluti prossimali dei reni, portando a ematuria, albuminuria, formazione di masse anomale all'interno delle cavità renali, azotemia e necrosi tubulare.

I composti meno solubili di uranio (UIV), se inalati, tendono ad accumularsi principalmente nei polmoni o nelle ossa durante la mineralizzazione. Inoltre, questi composti inibiscono il metabolismo dei carboidrati nel complesso dell'ATP-uranil-esochinasi, interferendo con il trasferimento di fosfati al glucosio e inibendo la prima fase del suo utilizzo metabolico.

Gli isotopi di uranio presentano un'elevata specificità organica, combinata con un'emivita lunga e una radiazione corpuscolare, che causa danni chimici e radiologici agli organi bersaglio, all'albero bronchioalveolare, ai reni e alle ossa, con conseguenti alterazioni somatiche e genetiche che possono portare allo sviluppo di tumori.

Mentre le radiazioni alfa degli isotopi di uranio presenti nell'UI non rappresentano un rischio esterno significativo, le radiazioni beta con un'energia di 2,29 MeV (234 Pa) hanno un raggio d'azione di circa 0,5 cm nell'alluminio e di diversi centimetri nei tessuti umani, esponendo così il corpo a una dose di radiazione beta di circa 217-20,4 mR/h. Questo dato è confermato dalla monografia dell'IARC dedicata alle radiazioni. I raggi gamma sono il principale tipo di radiazione emessa da un proiettile contenente Uranio Impoverito.

La contaminazione del corpo con Uranio Impoverito rappresenta un rischio sia chimico che fisico se l'uranio entra nel corpo attraverso la pelle, l'ingestione o l'inalazione, oppure attraverso ferite o ustioni. L'ossido di uranio trattenuto nei polmoni può causare lesioni neoplastiche come il carcinoma epidermoide.

Il Colonnello Carlo Calcagni e l'Uranio Impoverito

Durante la quinta puntata di ONA TV, il Colonnello Carlo Calcagni, un elicotterista che ha operato nei Balcani, in particolare nel teatro di guerra della Bosnia Erzegovina, ha raccontato la sua esperienza di contaminazione da Uranio Impoverito e da 28 metalli pesanti. Attualmente, egli soffre di 24 patologie, tra cui la sindrome da Sensibilità Chimica Multipla. Ha descritto le terapie quotidiane che è costretto a subire, tra cui dialisi e l'assunzione di circa 300 medicinali al giorno. Tra questi, vi sono più di 75 sostanze chimiche che agiscono come una sorta di antidoto, consentendogli di essere esposto quotidianamente a sostanze chimiche che non causano reazioni in individui non contaminati.

Forze armate negazioniste e i diritti delle vittime negati

Le Forze Armate, in contestazione con la realtà dei fatti, continuano a negare l'esistenza di un collegamento tra le malattie e l'utilizzo dell'Uranio Impoverito. Tuttavia sono già state emesse 130 sentenze che riconoscono il legame di causa ed effetto.

La prima vittoria legale risale al 3 novembre 2012, quando una sentenza del Tribunale civile di Roma stabilì che il caporal maggiore Andrea Antonaci, che aveva prestato servizio in Bosnia, era stato ucciso dall'esposizione all'Uranio Impoverito. Questo giudizio è di grande importanza poiché conferma la correlazione tra la patologia contratta dal giovane militare, un linfoma di Hodgkin, e l'esposizione all'U235.

Cinque anni dopo, una sentenza dello stesso tribunale conferma le responsabilità del ministero della Difesa nel caso del caporal maggiore dell'Esercito Corrado Di Giacobbe. Nella sentenza 11408/2017, i giudici affermano che i militari inviati in missione di peacekeeping nei Balcani non erano adeguatamente equipaggiati per prevenire la contaminazione da particelle di Uranio Impoverito sospese nell'aria.

Sempre più spesso, i ricorsi presentati dal ministero della Difesa vengono respinti in appello. È il caso della Corte di Trieste, che ha respinto il ricorso presentato dal ministero e ha confermato la sentenza favorevole all'erede di una delle vittime. Questa sentenza è stata emessa dal Tribunale del lavoro di Udine.

L'ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta si è impegnata a rompere il silenzio che fino ad ora ha circondato questa questione. Un anno fa, l'ex ministro aveva annunciato l'avvio di un tavolo tecnico per approfondire il problema dell'Uranio Impoverito, sottolineando che non si può ignorare la sua esistenza.

Secondo l'ex titolare della Difesa, sarebbe necessaria una legge specifica che modifichi l'onere della prova e tuteli le vittime da qualsiasi ostruzionismo da parte dell'Amministrazione. In tal modo, il personale coinvolto non sarebbe più tenuto a dimostrare di aver contratto la malattia in servizio, ma sarebbe l'Amministrazione a dover dimostrare che la malattia ha altre cause.

Per fare chiarezza sulle responsabilità e definire le modalità di risarcimento, sono state istituite ben quattro Commissioni parlamentari di inchiesta. L'ultima, presieduta dall'onorevole Gian Piero Scanu, sostiene la necessità di un intervento che impegni il governo e il Parlamento ad attuare tempestivamente le disposizioni che la Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito della Camera indicherà come urgenti.

Domenico Leggiero commenta dicendo che spera che la raccolta firme per la presentazione della legge Scanu sulla tutela del personale, proposta dall'onorevole Gianluca Rizzo, proceda velocemente verso la calendarizzazione e l'approvazione. Questo rappresenterà il grado di sensibilità del Parlamento nei confronti di una problematica che sta causando la morte di centinaia di militari. Non bisogna reagire soltanto per nascondere le colpe di personaggi oscuri che ancora detengono troppo potere, ma bisogna permettere alla verità di emergere.

Proiettile uranio impoverito e la legge internazionale

Nonostante si conosca da tempo la pericolosità dell’uso di armi uranio impoverito, attualmente non vi è ancora nessun trattato internazionale che vieti categoricamente l’utilizzo di proiettili e blindature in DU nelle zone di guerra.

Tuttavia, la sottocommissione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la protezione delle minoranze, nel 1996, ha approvato una risoluzione che vieta l’uso di armi di uranio impoverito.

Per quanto riguarda uranio in Italia, i vertici militari del nostro Paese, in collaborazione con la NATO, hanno istituito una Commissione d’Inchiesta presso il Senato. Il fine è identificare i responsabili, laddove presenti, e accertare il nesso causale tra esposizione a uranio impoverito e malattie contratte.

La relazione finale della Commissione di Inchiesta della Camera dei deputati ha ribadito che l’uranio impoverito è una delle condizioni di rischio che corrono i militari italiani. L’uso di questi proiettili ha infatti contaminato estesi territori. Per questi motivi si sono moltiplicate le malattie tra i soldati.

Inoltre anche l’Avv. Ezio Bonanni è stato audito dalla Commissione di Inchiesta Uranio Impoverito il 6 dicembre 2017. Ha così evidenziato come ci sia sinergia tra le plurime esposizioni ad amianto e uranio impoverito e gli effetti nefasti sulla salute umana.

Alla fine, la Commissione Parlamentare ha confermato le tesi esposte dall’Avv. Bonanni riguardanti la tutela delle vittime dell’uranio impoverito tra il personale civile e quello delle Forze Armate.

Per dimostrare la presenza di un nesso causale, la giurisprudenza ha accolto il criterio del “più probabile che non”. Perciò vi è maggior probabilità che il danno sia frutto dell’esposizione a un determinato fattore patogeno, a meno che non esistano prove concrete della riferibilità a un fattore eziologico distinto (Cass. Civ., Sez III, 9 Giugno 2016, n. 11789, in Pluris).

Danni derivanti dall'impiego di uranio impoverito: tutela legale

I membri delle forze armate che partecipano a missioni in Italia e all'estero, come quelle in Afghanistan, e che hanno subito danni alla salute, hanno diritto a determinate misure di assistenza e protezione sociale.

La prima cosa da ottenere è il riconoscimento della causa di servizio. Successivamente è possibile richiedere equo indennizzo e pensione privilegiata.

Inoltre, il personale militare può presentare domanda per ottenere lo status di Vittima del Dovere e le prestazioni aggiuntive corrispondenti.

Infine, la vittima ha diritto a un risarcimento completo dei danni, che include sia danni di natura economica (danni patrimoniali) che quelli non patrimoniali (come il danno biologico, morale ed esistenziale). In caso di decesso, gli eredi legittimi hanno diritto al risarcimento dei danni subiti iure proprio oltre a quelli subiti in vita dalla vittima (iure hereditatis).

Anche in caso di incertezza, i diritti delle vittime devono essere sempre riconosciuti. Questo principio è stato confermato dalla sentenza 567/2023 del Tribunale di Roma, Sezione Civile, che ha condannato il Ministero a risarcire i danni subiti dai familiari del tenente Di Vico Leopoldo. Nel contesto di un procedimento civile di risarcimento, si applica il criterio del "più probabile che non".

I diritti dei familiari della vittima: quali sono?

In caso di decesso, i diritti acquisiti dalla vittima vengono trasmessi ai suoi eredi.

Tuttavia, si è verificata una discriminazione per quanto riguarda i diritti dei figli non a carico della vittima al momento del decesso. Infatti, si continua a sostenere che i figli non a carico fiscale non abbiano diritto a tali prestazioni.

Questa ingiustizia è stata denunciata dall'Avv. Ezio Bonanni durante la sua audizione presso la I^ Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica il 29 ottobre 2019.

Le argomentazioni su cui si basano i Ministeri, come il Ministero della Difesa, per negare i diritti ai figli delle vittime del dovere sono l'articolo 6 della Legge 466/1980 e le SS.UU. 22753/2018. Tuttavia, l'Avvocato Bonanni contesta questa posizione, poiché l'articolo della Legge 466 fa riferimento solo a un'elargizione speciale, mentre le SS.UU. 22753/2018 considerano i fratelli e le sorelle non a carico e non i figli.

Infine, nel 2021, la Corte di Cassazione, nella sua ordinanza civile della Sezione 6, numero 15224, ha discusso sull'estensione dei benefici riservati ai figli delle vittime del dovere, nel caso in cui non siano più a carico del familiare deceduto.

I benefici per le vittime del dovere: quali sono?

I vantaggi per le vittime del dovere includono:

  1. Un compenso speciale di 200.000 euro, con adeguamento al valore monetario, nel caso di inidoneità al servizio o di invalidità superiore all'80% (in altri casi, 2.000 euro per punto percentuale, con adeguamento al valore monetario).
  2. Un assegno vitale mensile di 500 euro, a condizione che vi sia una lesione invalidante pari al 25%.
  3. Un assegno vitale speciale di 1.033 euro al mese, a condizione che vi sia una lesione invalidante pari al 25%.
  4. Due anni di pensione per coloro che hanno diritto a una pensione di reversibilità.
  5. Esenzione dall'imposta sul reddito delle pensioni.
  6. Assunzione diretta con priorità assoluta rispetto a qualsiasi altra categoria (diritto esteso ai figli o al coniuge in caso di morte o di invalidità che impedisce la prosecuzione dell'attività lavorativa).
  7. Esenzione dal pagamento del ticket sanitario.
  8. Accesso a borse di studio.
  9. Assistenza psicologica.

Lo status di vittima del dovere non è soggetto a prescrizione secondo l'articolo 2934 del Codice Civile, in relazione agli articoli 2 e 38 della Costituzione. Questo principio è di grande importanza perché consente di ottenere tutela anche dopo più di 10 anni dall'evento lesivo.

Totale equiparazione con le vittime del terrorismo

L'equiparazione delle vittime del dovere alle vittime del terrorismo è ormai consolidata (Sentenza delle Sezioni Unite n. 22753 del 2018). Tuttavia, questa parità totale con le vittime del terrorismo riguarda solo le prestazioni a favore della vittima e non comprende gli orfani che non sono a carico fiscale.

Nel corso degli anni, grazie all'impegno dell'Avv. Ezio Bonanni, sono stati ottenuti risultati significativi anche per la tutela degli orfani delle vittime del dovere non a carico fiscale. Sono state emesse importanti sentenze, tra cui quella della Corte di Appello di Genova - sezione Lavoro n. 575/2019, che ha riconosciuto la qualifica di orfano non a carico. Tuttavia, a seguito della Sentenza della Corte di Cassazione Ordinanza - Sezione 6 n. 15224 del 2021, la questione è rimasta ancora da affrontare dopo la Sentenza delle Sezioni Unite n. 22753 del 2018.

I beneficiari dell'equiparazione alle vittime del dovere

La Legge 466/1980 stabilisce che sono equiparati alle vittime del dovere: i magistrati ordinari, i militari dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo di Finanza, gli appartenenti alle forze di polizia e al Corpo degli agenti di custodia, il personale del Corpo forestale dello Stato e del Corpo di polizia femminile. All'equiparazione alle vittime del dovere si aggiungono anche il personale civile dell'Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, i vigili del Fuoco e gli appartenenti alle Forze armate dello Stato impiegati nell'ordine pubblico o nel soccorso.

La legge ha esteso l'equiparazione a vittime del dovere anche ad altri tipi di vittime. In particolare, questo diritto è riconosciuto a tutti coloro che, nello svolgimento di un dovere, hanno subito delle lesioni, inclusi i dipendenti pubblici e coloro che non sono dipendenti pubblici ma hanno prestato servizio per la Pubblica Amministrazione in situazioni di esposizione all'amianto o ad altre sostanze cancerogene (Sentenza delle Sezioni Unite n. 22753/2018).

Vittime del dovere e il risarcimento integrale dei danni

Le vittime del dovere e i loro eredi legittimi hanno diritto al risarcimento integrale dei danni. Pertanto, devono essere compensati sia i danni patrimoniali (danno emergente e lucro cessante) sia i danni non patrimoniali subiti (danni morali, biologici ed esistenziali).

I familiari eredi legittimi hanno anche diritto al risarcimento dei danni subiti a titolo proprio. Il risarcimento del danno parentale spetta anche a coloro che possono dimostrare un legame affettivo con la vittima, la cui morte comporta un significativo stravolgimento della propria esistenza e profondi cambiamenti di vita dovuti alla perdita.

Esistono diverse vie per ottenere il risarcimento dei danni, tra cui:

  • Costituirsi parte civile nel processo penale e chiedere la condanna del Ministero competente (Ministero della Difesa, dell'Interno o dell'Economia e delle Finanze), in solido con gli imputati, per ottenere il risarcimento dei danni derivanti da reato (lesioni colpose in caso di patologia o omicidio colposo in caso di decesso).
  • Esercitare l'azione civile presso il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale), facendo valere la responsabilità contrattuale per violazione dell'obbligo di sicurezza.
  • Esercitare l'azione civile presso il Tribunale di Roma, chiedendo la condanna del Ministero competente per profili di responsabilità extracontrattuale e civile da reato.

Riconoscimento della causa di servizione nelle missioni in Afghanistan

I soldati impiegati nelle missioni in Afghanistan che hanno subito malattie devono essere considerati vittime del dovere. Per ottenere questo riconoscimento, è necessario stabilire il collegamento tra la malattia e la missione svolta. Tale collegamento è supportato da referti medici che attestano la presenza di metalli pesanti, sotto forma di micro e nano particelle, e sostanze chimiche in quantità eccezionalmente elevate, che non possono essere spiegate in altro modo se non tramite l'esposizione a inquinanti presumibilmente presenti nell'ambiente di lavoro (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

Nel caso di malattie contratte dai militari a causa dell'esposizione a polveri sottili derivanti dall'uranio impoverito, l'evento stesso costituisce un elemento sufficiente per garantire il diritto al risarcimento alle vittime e ai loro familiari, a meno che l'Amministrazione pubblica non riesca a dimostrare che l'evento non ha causato la malattia, la quale è invece dovuta a fattori esterni, dotati di una causa autonoma ed esclusiva per l'insorgenza della malattia (T.A.R. Torino, Piemonte, sez. I, 06/03/2015, n. 429).

Secondo l'articolo 6 del DPR 243/2006, che può essere equiparato all'articolo 7 del DPR 461/2001, il concetto di causa di servizio comprende qualsiasi fattore che abbia contribuito a anticipare l'insorgenza, aggravare le malattie o anticipare la data della morte come causa efficiente e determinante, anche in forma concausale, secondo le regole della responsabilità civile che non si applicano nel contesto dell'accertamento della causa di servizio in condizioni ambientali e operative particolari che superano l'ordinarietà, come stabilito dall'articolo 1, co. 564, L. 266/2005, e dall'articolo 1 del d.p.r. 243/2006.

Missioni in Afghanistan: riconoscimento delle vittime del dovere

L’art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006 recita: «Laddove, invece, l’istanza tenda alla percezione della speciale elargizione, si verte in un ben diverso ambito indennitarioI presupposti del risarcimento del danno e della speciale elargizione sono del tutto diversi: nel primo caso l’integrazione di tutti gli elementi propri di un’ipotesi di responsabilità civile, tra cui pure la prova del nesso eziologico e dell’elemento soggettivo in capo al danneggiante.

Nel secondo caso la mera dimostrazione di aver affrontato – senza che ciò integri “colpa” dell’Amministrazione – “particolari condizioni ambientali od operative”, connotate da un carattere “straordinario” rispetto alle forme di ordinaria prestazione del servizio, che siano la verosimile causa di un’infermità. Inoltre, il risarcimento del danno compete a chiunque e dipende nel quantum dall’effettivo danno riportato, mentre la speciale elargizione spetta solo ai soggetti individuati dalla legge ed è quantificata a monte in misura predeterminata» (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

Vediamo di seguito perché per i militari in missione che hanno riportato una malattia correlata all’esposizione all’uranio impoverito e a nano particelle di metalli pesanti deve vigere la totale equiparazione a vittime del dovere. Ovvero la conferma del nesso causale e/o della causa di servizio in particolari condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà, ai sensi dell’art. 1, co. 564, L. 266/2005, e art. 1 del d.p.r. 243/2006.

Missione Afghanistan in particolari condizioni ambientali

L’art. 1 del d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 definisce le missioni come attività di qualunque natura, anche ordinarie funzioni e mansioni, “quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’Autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente”.

La stessa sentenza già citata afferma che: “per particolari condizioni ambientali od operative“, si intendono “le condizioni comunque implicanti l’esistenza o anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi e fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto”.

Sulla base di SS.UU. 15055/2017, le “particolari condizioni ambientali e operative” sono legate anche a “grave errore organizzativo“, che è individuabile nella “imprudente organizzazione del servizio da parte dell’organizzazione“, che ha aggravato il rischio (così Tribunale di Palermo, sezione lavoro, sentenza n. 2420/2020, pubblicata il 03.09.2020, a definizione del proc. n. 7696/2015 RG). Quindi per missione in condizione di rischio si intendono tutte le attività che hanno comportato una violazione di regole cautelari.

Carattere “straordinario” della prestazione del servizio

I militari che hanno contratto infermità a causa dell’esposizione operaono senza dispositivi personali di protezione in locali, e svolsero le loro mansioni in aree, luoghi, situazioni sprovvisti/e di appropriati specifici e dedicati “sistemi di sicurezza”.

Inoltre è richiesto un quid pluris di disagio sofferto nel corso dell’espletamento del servizio: tale disagio consegue al carattere “straordinario” della prestazione del servizio, da cui sia conseguita la sottoposizione dell’istante “a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”. Va sottolineato che l’appartenenza alle Forze Armate, oltre a comportare di per sé condizioni di vita strutturalmente più gravose rispetto all’impiego civile (a mero titolo di esempio, sottoposizione a rigido vincolo gerarchico, continuo addestramento fisico, pronta reperibilità, frequenti trasferimenti, et similia), impone al militare di esporsi al pericolo: dunque la “straordinarietà” richiesta dall’art. 1079 D.P.R. n. 90 del 2010.

Accertamento e presunzione a carico dell’Amministrazione

Il complesso normativo di riferimento è quello di cui all’art. 1078 del DPR 90/2010, in combinato disposto con l’art. 603 del D.L.vo 66/2010, e con l’ambito di applicazione quello di cui all’art. 1079 dello stesso DPR 90/2010.

Il Piombo, il Cromo, il Mercurio, il Rame e lo Zinco sono tra i metalli pesanti individuati ex art. 1078 (Capo II – Soggetti che hanno contratto infermità o patologie tumorali per particolari condizioni ambientali ed operative) del D.P.R. 15 marzo 2010 n.90 quali responsabili, se introdotti nell’organismo umano in dimensioni nanometriche, dell’insorgenza di patologie tumorali; al pari delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.

Il DPR 90/2010 all’art. 1078  definisce il trattamento previdenziale e per le invalidità di servizio ai soggetti esposti a particolari fattori di rischio, che hanno contratto infermità o patologie tumorali per particolari condizioni ambientali od operative, per cui rilevano le missioni e allo stesso tempo il teatro operativo all’estero, e le particolari condizioni, già di per sé e per effetto di tale impiego.

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