In questa guida parliamo di prescrizione dello status di vittime del dovere. Nelle norme di riferimento non è presente alcun termine per rivendicare i benefici riservati alle Vittime del Dovere. Nonostante questo fino al 2023 le Amministrazioni hanno sempre ritenuto prescritte le richieste presentate oltre i 10 anni dall’evento lesivo.
Una sentenza della Cassazione fa chiarezza e fa il punto sull'imprescrittibilità dello status di vittime del dovere.
Diverse sentenze della Corte Suprema di Cassazione hanno sostenuto che il diritto a chiedere il riconoscimento dello status di Vittima è imprescrittibile.
Questo significa che la domanda di vittime del dovere può essere presentata in qualunque momento e per tutti gli eventi accaduti a decorrere dal primo gennaio 1961, indipendentemente dagni anni trascorsi dall'evento lesivo.
In caso di accoglimento dell’istanza si avrà quindi diritto a tutti i benefici di legge previsti.
La Cassazione, Sezione Lavoro, 17440/2022, ha sancito l’imprescrittibilità del diritto allo status di vittima del dovere.
Ha infatti chiarito che: “l’imprescrittibilità della pretesa, che viceversa discende ex se dalla riconosciuta natura di status della condizione di vittima del dovere e non già da una inesistente facoltà dell’amministrazione di attribuirla d’ufficio”.
Anche con la Sentenza n.101/2024, il Tribunale di Cassino ha riconosciuto lo status di vittima del dovere dichiarando l’imprescrittibilità dello status e del diritto ai benefici economici.
La Corte Suprema di Cassazione, con l’ultima decisione pubblicata l'8 febbraio 2023, ha chiarito definitivamente che il diritto a chiedere il riconoscimento dello status di Vittima è imprescrittibile.
La Cassazione ha confermato che soltanto i ratei mensili arretrati potranno essere soggetti a prescrizione decennale.
Presentando domanda a marzo 2023, quindi si può percepire la liquidazione degli arretrati a partire da marzo 2013.
Il riconoscimento dello status di vittima del dovere rintraccia la sua ratio nell’apprestare le “peculiari ed ulteriori forme di assistenza per coloro che siano rimasti vittima dell’adempimento di un dovere svolto nell’interesse della collettività“. Ciò perchè sono stati “esposti ad uno speciale pericolo e all’assunzione di rischi qualificati rispetto a quelli in cui può incorrere la restante platea dei dipendenti pubblici o degli incaricati di un pubblico servizio”.
La Corte di Cassazione richiama in precedente di cui a Cass. n. 29204 del 2021. In questa occasione permette di ottenere la tutela anche nel caso in cui fossero trascorsi più di 10 anni rispetto all’evento.
“Valendo la categoria di “vittima del dovere” a differenziare una particolare categoria di soggetti al fine di apprestare loro un insieme di benefici previsti dalla legge e riepilogati dall’art. 4, d.P.R. n. 243/2006”.
Le prestazioni di vittima del dovere si sommano all’equo indennizzo e alla pensione privilegiata.
Quanto maturato dalla vittima, in caso di decesso, è sempre liquidato agli eredi legittimi.
La vittima c.d. primaria ha diritto all’integrale risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi, secondo i principi di cui a S.S.U.U. 26972/2008 ed ex multis.
Qui di seguito elenchiamo l'insieme di benefici previsti dalla legge:
Sono considerati vittime del dovere (sinonimo di vittima) tutti i dipendenti pubblici e appartenenti a Forze Armate e Comparto Sicurezza che hanno contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali è conseguito il decesso, in occasione o a seguito di missioni di ogni natura, impiegati:
Sono soggetti equiparati a vittime del dovere coloro che hanno svolto servizio in condizioni operative disagiate e hanno subito un danno biologico nell'esercizio delle stesse. Rientra nelle condizioni svantaggiate l'esposizione a sostanze cancerogene, come l'amianto.
Fu proprio per effetto dell’art. 20 della L. 183/2010, che per la prima volta fu considerata l'esposizione cancerogena. Questa norma, unitamente all’art. 1, co. 564, della L. 266/2005, ha portato alla tutela delle vittime per queste infermità.
Con l’art. 1 del DPR 243/2006, interpretato nel rispetto dell’art. 32 Cost., e dell’art. 2087 c.c., si è giunti a riconoscere lo status di equiparato. In altri termini, ove vi è il quid pluris dell’esposizione cancerogena, la vittima ha diritto a questa ulteirore tutela previdenziale.