LO SMART WORKING, O LAVORO AGILE, NON ELIMINA GLI OBBLIGHI DI SICUREZZA. IL DATORE DI LAVORO RESTA GARANTE DELLA SALUTE E DEL BENESSERE PSICO-FISICO DEL LAVORATORE, ANCHE FUORI DALL’UFFICIO. LA NORMATIVA IMPONE VALUTAZIONE DEI RISCHI, FORMAZIONE, INFORMAZIONE E TUTELA INAIL PER GLI INFORTUNI DOMICILIARI. QUI DI SEGUITO VEDIAMO NEL DETTAGLIO COME FUNZIONA.
Il termine smart working, introdotto in Italia con la Legge n. 81 del 22 maggio 2017, indica una modalità di esecuzione del lavoro subordinato fondata su flessibilità, autonomia e obiettivi. Il lavoratore agile non ha un orario fisso né un luogo predeterminato, ma organizza le proprie mansioni in parte nei locali aziendali e in parte all’esterno, anche presso la propria abitazione. Non si tratta di telelavoro, che prevede una postazione fissa, ma di un modello più elastico, fondato sulla fiducia e sulla responsabilizzazione del lavoratore.
Questa modalità è stata ampiamente utilizzata durante la pandemia da COVID-19 e, da allora, è entrata stabilmente nel panorama lavorativo italiano. Tuttavia, la flessibilità organizzativa non comporta una “deroga” alle norme di sicurezza: il datore di lavoro resta tenuto a garantire l’integrità fisica e mentale del lavoratore, ai sensi dell’art. 2087 del Codice Civile e del D.Lgs. 81/2008, anche se l’attività si svolge in luoghi non aziendali.
La Legge 81/2017, che disciplina il lavoro agile, stabilisce che datore e lavoratore debbano stipulare un accordo individuale scritto, nel quale vengono definiti obiettivi, tempi di disconnessione, strumenti tecnologici, forme di controllo e misure di sicurezza. L’art. 22 della stessa legge afferma che al lavoratore agile si applicano le tutele in materia di salute e sicurezza previste dal D.Lgs. 81/2008, in quanto compatibili con la particolare modalità di prestazione.
Il datore di lavoro deve quindi garantire la sicurezza del lavoratore anche a distanza, informandolo sui rischi generali e specifici connessi all’attività, e verificando che gli strumenti forniti (computer, software, connessioni, sedute ergonomiche) rispettino i requisiti di sicurezza e non espongano a rischi fisici o informatici. La mancata informazione o l’omessa valutazione di questi rischi può comportare responsabilità civile e penale, analogamente a quanto accade nei luoghi di lavoro tradizionali.
La valutazione dei rischi in regime di smart working non si limita ai pericoli fisici, ma si estende ai rischi ergonomici, elettrici, ambientali e psicosociali. L’azienda deve aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) includendo i rischi connessi al lavoro agile: posture scorrette, illuminazione insufficiente, isolamento sociale, stress da connessione continua, uso prolungato del videoterminale e violazioni della sicurezza informatica.
Non è necessario ispezionare la casa del lavoratore, ma il datore di lavoro deve fornire indicazioni precise sulle condizioni di sicurezza minime del luogo di lavoro e assicurarsi che il dipendente le rispetti. In molti casi, il DVR viene integrato da una scheda di autovalutazione firmata dal lavoratore, che dichiara di operare in un ambiente idoneo sotto il profilo ergonomico e di sicurezza.
La responsabilità del datore di lavoro si estende anche alla formazione e all’informazione: deve spiegare come prevenire affaticamento visivo, gestire pause e disconnessione, proteggere i dati sensibili e reagire a incidenti domestici o informatici legati all’attività lavorativa.
Lo smart working, se non gestito correttamente, può determinare un aumento dello stress lavoro-correlato, oggi riconosciuto come rischio specifico ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. 81/2008. La continua reperibilità, la sovrapposizione tra tempi di vita e lavoro, e la mancanza di contatto umano generano forme di tecnostress, ansia da performance e burnout.
Per questo la Legge 81/2017 ha introdotto il diritto alla disconnessione, ossia la possibilità per il lavoratore di interrompere le comunicazioni di lavoro fuori dall’orario concordato, senza ripercussioni disciplinari. Il datore di lavoro deve pianificare modalità di disconnessione chiare, comunicandole nel contratto o nelle policy aziendali, e promuovere un equilibrio sostenibile tra produttività e benessere.
Il medico competente, se previsto, collabora nella valutazione del rischio psicosociale e può suggerire misure di prevenzione come incontri periodici, supporto psicologico o rotazione delle giornate in presenza per ridurre l’isolamento.
Gli strumenti forniti per lo smart working — computer, smartphone, tablet, software e connessioni — devono essere conformi ai requisiti di sicurezza previsti dall’art. 177 e seguenti del D.Lgs. 81/2008 sui videoterminali. Il datore di lavoro è tenuto alla manutenzione, agli aggiornamenti e alla protezione dei dati aziendali.
Sul piano giuridico, l’uso improprio degli strumenti informatici può determinare responsabilità disciplinare per il lavoratore, ma se l’azienda non adotta adeguate misure di sicurezza informatica o non fornisce formazione specifica, resta civilmente responsabile per eventuali danni, violazioni o perdita di dati. Il principio di culpa in vigilando si applica anche al controllo del corretto uso dei dispositivi e delle reti aziendali.
Il lavoratore agile è coperto dall’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, come chiarito dall’art. 23 della Legge 81/2017. La tutela si estende anche agli incidenti che avvengono durante l’attività lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, purché in occasione di lavoro e durante l’orario concordato.
Sono considerati infortuni indennizzabili anche quelli occorsi durante gli spostamenti effettuati per ragioni di servizio o per raggiungere il luogo prescelto per lo svolgimento dell’attività lavorativa, se avvengono in un tragitto “necessitato” e compatibile con le esigenze produttive. Tuttavia, la prova dell’occasione di lavoro è spesso più complessa rispetto agli infortuni tradizionali, poiché il controllo diretto sull’ambiente domestico è limitato.
L’INAIL ha precisato che il riconoscimento dell’infortunio in smart working richiede un nesso diretto tra la causa e l’attività svolta. Ad esempio, è indennizzabile la caduta avvenuta durante una pausa breve per necessità fisiologiche, ma non un incidente domestico estraneo all’attività lavorativa.
Il datore di lavoro non può essere ritenuto responsabile per ogni incidente avvenuto nel domicilio del lavoratore, ma solo se l’evento è riconducibile a una violazione dei propri obblighi di prevenzione. Deve quindi dimostrare di aver adempiuto a tutti gli obblighi informativi e di aver fornito strumenti sicuri e istruzioni adeguate.
Quando l’infortunio deriva da carenze strutturali dell’abitazione, la responsabilità resta in capo al lavoratore, a meno che il datore di lavoro non abbia imposto o accettato un ambiente manifestamente inidoneo. Tuttavia, l’omessa verifica delle condizioni minime o la mancata consegna di istruzioni ergonomiche può comportare una colpa per omissione.
La responsabilità civile può estendersi all’azienda anche in caso di danni a terzi causati dall’attività lavorativa svolta in smart working, se il datore di lavoro non ha adottato misure di prevenzione adeguate o non ha assicurato il lavoratore contro tali rischi.
| Aspetto | Obbligo o tutela | Riferimento normativo |
|---|---|---|
| Accordo individuale | Definisce modalità, tempi di disconnessione e sicurezza | Legge 81/2017, art. 19 |
| Sicurezza e salute | Applicazione del D.Lgs. 81/2008 per i rischi compatibili | Legge 81/2017, art. 22 |
| Valutazione dei rischi | Aggiornamento del DVR con sezione dedicata allo smart working | D.Lgs. 81/2008, art. 28 |
| Formazione e informazione | Obbligo di istruzioni sui rischi e uso corretto degli strumenti | Art. 37 D.Lgs. 81/2008 |
| Infortuni e malattie professionali | Copertura assicurativa INAIL per attività e spostamenti connessi | Legge 81/2017, art. 23 |
| Diritto alla disconnessione | Tutela contro tecnostress e sovraccarico lavorativo | Legge 81/2017, art. 19 |
| Responsabilità del datore di lavoro | Garante della sicurezza e benessere psico-fisico | Art. 2087 c.c. |
Lo smart working ha esteso il concetto di luogo di lavoro, obbligando le aziende a ripensare la prevenzione in chiave più dinamica. La giurisprudenza recente tende a interpretare l’art. 2087 c.c. in senso ampio, imponendo al datore di lavoro un dovere di vigilanza diffusa, anche rispetto a rischi emergenti come la fatica digitale, l’isolamento o la perdita di confini tra vita privata e lavorativa.
In prospettiva, si discute sulla possibilità di introdurre una certificazione di sicurezza per lo smart working, simile al DVR, che includa requisiti minimi di ergonomia, privacy e benessere digitale. Parallelamente, la contrattazione collettiva sta assumendo un ruolo crescente nel definire orari flessibili, limiti di connessione e misure di prevenzione del tecnostress.
Il datore di lavoro deve ispezionare la casa del dipendente? No, ma deve fornire istruzioni chiare per l’idoneità del luogo di lavoro e raccogliere una dichiarazione di conformità.
Gli infortuni domestici sono coperti da INAIL? Sì, se avvengono in occasione di lavoro o durante attività connesse alla prestazione.
Serve aggiornare il DVR? Sì, il documento deve includere i rischi del lavoro agile, sia fisici che psicosociali.
Chi risponde in caso di tecnostress o burnout? Il datore di lavoro, se non ha previsto misure di prevenzione e diritto alla disconnessione.
Il diritto alla disconnessione è obbligatorio? Sì, deve essere definito nell’accordo individuale o nelle policy aziendali.
La responsabilità del datore di lavoro cambia? No: resta garante della salute e sicurezza, anche quando il lavoro si svolge fuori dai locali aziendali.